70 anni fa il primo voto delle donne: possiamo davvero festeggiare questa ricorrenza?
La lotta per la conquista dei diritti delle donne in Italia si è differenziata molto dai movimenti a carattere femminista e base spiccatamente individualista degli altri paesi.Inutile dilungarsi su quanto questa parità sognata, voluta e difesa sia ancora lontana. Ma le parole di Teresa Mattei, partigiana, la più giovane donna eletta, durante il suo primo intervento all’Assemblea costituente durante la seduta pomeridiana del 18 marzo 1947 sono eloquenti e possono valere tuttora come monito:
“Hanno compreso come la nostra esigenza di entrare nella vita nazionale, di entrare in ogni campo di attività che sia fattivo di bene per il nostro Paese, non è l’esigenza di affermare la nostra personalità contrapponendola alla personalità maschile, facendo il solito femminismo che alcuni decenni fa aveva incominciato a muoversi nei vari Paesi d’Europa e del mondo. Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non non vogliamo che le donne italiane aspirino ad un’assurda identità con l’uomo. Vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere tutte le loro forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese. Per ciò riteniamo che il concetto informatore della lotta che abbiamo condotta per raggiungere la parità dei diritti, debba stare a base della nostra nuova Costituzione, rafforzarla, darle un orientamento sempre più sicuro.”
Tuttavia, non è sufficiente il diritto di voto alle donne per sbloccare le libertà sociali. Il suffragio universale resterà una pura formalità fin quando le donne dovranno nascondere la loro bravura ed il loro talento, fin quando verrà loro chiesto dalla società di essere “meno”. Meno ambiziose o meno competitive di un uomo, per esempio.
Ancora oggi, dopo 70 anni le donne devono ancora battersi per elemosinare diritti fondamentali.
Si può davvero festeggiare?