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Legge 194, l’esperimento del San Camillo per i diritti delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Al San Camillo all’inizio di giugno prenderà servizio un ginecologo in mobilità con un contratto che prevede il suo impiego presso il centro per l’interruzione volontaria di gravidanza. Gli si affiancherà nei prossimi mesi un collega assunto con un concorso ad hoc. La graduatoria dei candidati verrà infatti formulata valutando l’esperienza del medico in questa specifica attività. Un’iniziativa apripista, destinata a far discutere. Potrebbe sembrare, quella della maggiore azienda ospedaliera romana, la risposta alla sentenza del Comitato per i diritti sociali del Consiglio d’Europa che ad aprile ha condannato per la seconda volta l’Italia per aver violato la Carta comunitaria sul rispetto del diritto della donna all’aborto e, in particolar modo, per la discriminazione dei medici non obiettori, sottoposti a carichi di lavoro eccessivi.

Il direttore generale del San Camillo, Antonio D’Urso, chiarisce però che l’arrivo dei due ginecologi è un’iniziativa sganciata da quanto ha è stato deciso a Strasburgo. «Credo in questo servizio – afferma D’Urso – Siamo un centro di riferimento regionale, dobbiamo offrire servizi in grado di rispondere alla domanda». Il fatto di richiedere fra i requisiti del candidato la non obiezione potrebbe però costituire materia di impugnazione visto che la legge 194 sull’aborto prevede che gli operatori sanitari possano ricorrere a questo strumento.

Il 4 maggio la ministra della Salute Beatrice Lorenzin nell’audizione al Parlamento ha ribadito che «non è possibile reclutare personale sanitario con contratti a tempo indeterminato chiedendo tra i requisiti dell’esame l’essere non obiettore. Si tratterebbe di una modalità discriminatoria di reclutamento del personale. La legge prevede di cambiare idea nel corso della carriera lavorativa come è accaduto più volte. Nel 2010 la Puglia tentò di coprire la carenza di ginecologi disposti a praticare aborti con concorsi mirati. Il Tar diede la sospensiva.

Nel Lazio il problema di garantire il servizio di Ivg esiste. Obiettano 8 ginecologi su 10 (su una media nazionale di 7 su 10), 7 anestesisti su 10 e la metà del personale non medico. Ciò si traduce in difficoltà quotidiane e in un carico di lavoro eccessivo per chi non si tira indietro. Secondo Lorenzin «i valori più alti in Italia si riscontrano in una Asl siciliana e in una Asl del Lazio». Al San Camillo stanno provando a risolvere. Sono in gioco tre diritti contrastanti: delle donne, degli obiettori e dei non obiettori. In qualche modo bisognerà uscire dall’ingorgo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

25 maggio 2016 | 08:34

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