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«Con Mothers racconto il riscatto delle madri di tutto il mondo» (28/09/2016)

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Come è nata l’idea di Mothers?Conosco WeWorld da circa 4 anni, abbiamo portato avanti assieme delle campagne contro il femminicidio pubblicate sulle maggiori riviste nazionali. Qualche tempo fa mi è stato chiesto di fare un libro fotografico sui luoghi in cui opera l’ong, io ho proposto loro l’idea del video-documentario per dare voce alle madri incontrate: WeWorld ha accettato e così abbiamo realizzato il film, che dura 75minuti e, dopo la presentazione di domani, verrà trasmesso sul canale Sky Arte.

E’ stato difficile ottenere la fiducia delle protagoniste?Ogni incontro è stato una sorpresa, in positivo. Pensavo che la figura maschile avrebbe rappresentato un problema, dato che molte storie parlano di violenza di genere. Invece, trovare davanti a sé un uomo in ascolto ha generato una forte complicità, perché hanno avuto di fronte un modello diverso da quello a cui erano abituate.

Quali sono stati gli incontri che più ti hanno scosso?Sono stati vari e, soprattutto, mi ha impressionato il fatto che per molti versi i problemi che ci sono in Italia non sono da meno di quelli dei Paesi poveri, per esempio riguardo a abusi, violenza familiare a dispersione scolastica. Ho visto, in pieno centro di Palermo e Napoli, bimbe-madri di 13 anni, come succedeva nell’immediato Dopoguerra. Molte delle storie che mi hanno colpito e che vengono raccontate nel film, comunque, sono positive, per esempio legate al microcredito come via d’uscita, attraverso il lavoro e quindi a più socializzazione, per spezzare del tutto la routine di mariti violenti nelle quattro mura di casa. E’ emblematica la storia di Maria Da Penha, donna brasiliana, farmacista, che dopo anni di soprusi e due tentativi di omicidio da parte del marito è diventata la paladina dei diritti delle donne tanto da essere la promotrice, 10 anni fa sotto il governo Lula, della prima legge contro il femminicidio. Ancora, sono molto interessanti le storie delle ragazzine nepalesi liberate da forme di schiavitù e che ora riescono a condurre una vita normale.

Si riesce ad approcciare persone di diversa provenienza ed estrazione sociale senza farsi influenzare dai pregiudizi?Sì. Non dare nulla per scontato è la prima regola: dobbiamo allontanare gli stilemi a cui siamo abituati. Soprattutto, è da rifiutare la visione eurocentrica del mondo, perché noi siamo andati a “conoscere” altre popolazioni ma non le abbiamo scoperte, nel senso che già vivevano lì secondo le loro usanze, e in molti casi le abbiamo danneggiate, annullando secoli di tradizione e omologandole al pensiero comune. Un altro aspetto importante è promuovere la bellezza anche nei luoghi più difficili, perché il riscatto sociale passa da lì: per esempio, dopo avere costruito un legame, siamo riusciti a portare un gruppo di ragazzini con le proprie madri a vedere una rappresentazione teatrale a Palermo, l’hanno vissuta come un’esperienza indimenticabile, speriamo generi la necessaria crescita personale.

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