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Nel mondo oltre 43mila donne muoiono per aborto non sicuro

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

UNA giornata internazionale per l'aborto sicuro riconosciuta dall'Onu: è questa la richiesta di 1.800 associazioni in 115 Paesi che hanno indirizzato una lettera-appello al segretario generale Ban Ki-Moon. La data scelta non è casuale: il 28 settembre è infatti diventato il giorno simbolo per il network september28 , nato a Buenos Aires nel 1990 e che ogni anno rinnova l'impegno su questi temi.

In Europa e nel mondo. Ogni anno si calcola che nel mondo quasi 50mila donne moriranno a causa di aborti illegali e quindi non sicuri e che questi sono la principale causa di decessi per le giovani tra i 15 e i 19 anni nei Paesi più poveri, senza contare la cifra shock di 41 milioni di adolescenti che ogni anno portano a termine una gravidanza non desiderata o conseguente a uno stupro.

A livello europeo, l'incontro che si è tenuto oggi al parlamento di Bruxelles dal titolo evocativo “Coscienza pulita? Quando l'obiezione di coscienza si scontra con i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti Lgbt” ha ospitato anche un intervento dell'Italia, in cui la situazione in materia di aborto rimane critica, come denunciato più volte da Laiga (Libera associazione di medici non obiettori di coscienza per la difesa della legge 94/78).

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Gli obiettori di coscienza in Italia. Se infatti in Italia dal 1978 esiste una legge per l'aborto ma rischia di rimanere sulla carta a causa delle percentuali anche del 91 per cento di obiettori di coscienza tra ginecologi, ostetriche, anestesisti e personale sanitario, che di fatto impediscono alle donne una scelta serena e priva di ostacoli. "L'Italia è stata invitata a parlare accanto a Polonia e Irlanda - spiega Silvana Agatone, presidente di Laiga - “In materia di tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, l'Europa ci addita come esempi da non seguire".

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Non sono bastati i due richiami, nel 2014 e nel 2016, da parte del Tribunale europeo per i diritti sociali, che a seguito dei ricorsi di Laiga, Ippf En ( International Planned Parenthood Federation - European Network) e Cgil aveva chiesto all'Italia azioni concrete per assicurare questo diritto alle donne ed eliminare le discriminazioni in campo professionale dei pochi medici che ancora applicano la legge.

A rischio i diritti delle donne - "Sono due i piani per cui è importante ricordare questa data - sottolinea Elisabetta Canitano, membro del comitato scientifico di Laiga e presidente dell'associazione Vita di Donna, per la tutela della salute delle donne – .Da una parte non dimentichiamo le nostre sorelle nel mondo che rischiano la vita per porre fine a una gravidanza, dall'altra anche la civile Europa dei diritti umani sta sempre di più limitando la possibilità di libera scelta dei suoi cittadini”.

Polonia e Italia. Tornando all'Europa, a destare grande preoccupazione in questo momento è la linea adottata dalla Polonia, dove l'interruzione volontaria di gravidanza è illegale se non in alcune specifiche circostanze, come il pericolo di vita per la madre, lo stupro e l'incesto. La legge ora proposta cancellerebbe anche questi casi, vietando l'aborto in qualsiasi circostanza. “Ma in Italia le cose non vanno molto meglio” – sottolinea allarmata Canitano – il ministro della Salute Lorenzin ha aderito alla campagna “One of Us”, in difesa dei diritti di feti ed embrioni in contrapposizione a quelli delle donne, e in poco tempo sono state raccolte 1 milione e 800mila adesioni”.

Il "Fertility Day" . Lo stesso ministero da cui era partita la giornata di sensibilizzazione del “Fertility day” che tante polemiche ha scatenato: “Come se il problema fossero i giovani che non riescono a procreare e non invece una loro decisione a causa di motivi sociali ed economici” - commenta indignata Agatone – Che invito dovrebbero cogliere, quello di mettere su famiglia per poi vivere tutti insieme nella povertà assoluta? - chiede retoricamente la presidente di Laiga – Piuttosto assisto impotente allo smantellamento progressivo dei consultori, quei centri pubblici istituiti proprio per aiutare le donne a una pianificazione famigliare consapevole”.

Donne lasciate sole. Per il ministro comunque il problema non esiste e ha assicurato in più occasioni che il servizio sanitario nazionale garantisce la possibilità di abortire. Poco importa se i pochi operatori che ancora praticano gli aborti descrivono scenari da brivido, con ragazze costrette a fare la fila dalle 5 del mattino davanti ai pochi centri ospedalieri per non perdere il turno, donne lasciate sole ad abortire tra dolori indescrivibili nel letto d'ospedale, aree del Paese in cui per interrompere una gravidanza è necessario viaggiare per centinaia di chilometri perché intere province hanno abolito la prestazione.

Il paradosso dei centri di diagnostica prenatale - “A completare il quadro, c'è l'atteggiamento pilatesco di moltissimi di questi medici obiettori – sottolinea Agatone – che nei centri di analisi diagnostica prenatale, quando incontrano problemi del feto se ne lavano le mani. Immaginate di scoprire in seguito ad alcuni accertamenti che il figlio che avevate voluto ha dei problemi di salute e che siete costrette, con grande dolore, ad abortire. Bene, il medico che avete davanti non vi darà nemmeno un indirizzo o un telefono: da questo momento è un problema vostro".

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