Arrestate per un bacio sul tetto «Liberate Sanaa e Hajar»
Sanaa, 16 anni, e Hajar, 17, non avevano la minima idea di quale polverone avrebbero sollevato per quel selfie. Secondo una prima versione erano sulla terrazza di casa, nel quartiere Hay Mohammadi a Marrakech, e hanno cominciato a scambiarsi qualche effusione quando una zia le ha colte in fragrante. Un’altra ricostruzione racconta che le due ragazzine erano reduci da una breve «fuga d’amore»: si erano conosciute su Facebook ed erano scappate ad Agadir, sul mare, ma dopo pochi giorni, rimaste senza soldi, si sono presentate a casa della fatidica zia e messe alle strette le hanno mostrato il selfie del bacio galeotto.
Oggi quella foto è una prova d’accusa. Le due adolescenti, denunciate dai parenti di Sanaa, sono state arrestate il 27 ottobre per «omosessualità, vagabondaggio e detenzione di immagini indecenti». In Marocco l’omosessualità è un reato, punibile con il carcere da sei mesi a tre anni di carcere e una multa da 120 a 1200 dirhams (12-120 euro) in base all’articolo 489 del codice penale sugli «atti licenziosi o contro natura con un individuo dello stesso sesso». Hajar, benché minore, è stata rinchiusa nel carcere per adulti di Boulamharaz. Dopo una settimana il giudice di prima istanza ha concesso alle due teenager gli arresti domiciliari, quindi il processo è stato rinviato al 25 novembre. Soltanto allora, una volta finita la Conferenza dell’Onu sul clima che in questi giorni riunisce a Marrakech decine di capi di Stato, ministri, politici e scienziati, si conoscerà il verdetto. «In Marocco non c’è alcuna tolleranza per l’omosessualità, per la società è inaccettabile, come in tutti i Paesi arabi – spiega al Corriere l’avvocato Omar Arbib del Consiglio nazionale per i diritti dell’uomo –. Ma in questo caso, trattandosi di due minori, non credo saranno perseguite, e comunque non torneranno in carcere».
Le autorità cercano di gettare acqua sul fuoco ma le rassicurazioni sulla sorte di Sanaa e Hajar non frenano l’ondata di indignazione che da giorni corre sui social network, soprattutto fuori dal Paese. La pagina facebook del Collettivo Aswat, che difende in modo semi-clandestino i diritti degli Lgbt, ha lanciato la campagna #freethegirls, pubblicando la foto di due donne velate che si baciano, e un collegio di dieci avvocati volontari si è fatto avanti per difendere le giovani lesbiche. L’attacco più pesante è arrivato però da Parigi dove la scrittrice franco-marocchina Leila Slimani, fresca trionfatrice al premio Goncourt con il romanzo «Chanson Douce», ha invitato il popolo marocchino a ribellarsi contro «un sistema di leggi medievali» che vieta il sesso fuori dal matrimonio, l’omosessualità e l’adulterio». «La condizione delle donne in Marocco non è semplice — dice al Corriere Jamila Garmouma della Federazione della lega per i diritti delle donne —. La Costituzione del 2011 stabilisce l’uguaglianza in tutti i settori ma la realtà è ben diversa e con l’arrivo degli islamisti al potere noi donne, soprattutto nel contesto urbano, abbiamo un forte timore di perdere le conquiste raggiunte finora. Per loro i diritti delle donne non sono proprio una priorità». Ma il caso delle due ragazze di Marrakech, avverte Garmouma, rischia di ritorcersi contro la lotta per l’emancipazione femminile: è «una bravata da ragazzini, montata ad arte dai media» che può dare ancora più forza alle spinte ultraconservatrici che vogliono riportare le donne «dallo spazio pubblico a quello privato».La Costituzione, d’altra parte, vieta «qualsiasi discriminazione in base al sesso, al colore della pelle, alla fede… o qualsiasi situazione personale». Eppure la repressione contro l’omosessualità in Marocco, soprattutto dopo l’entrata al governo degli islamisti, secondo i difensori dei diritti gay è andata via via crescendo: solo nel primo trimestre del 2016 hanno registrato 19 denunce per «perversione sessuale» e un numero imprecisato di transgender sono finiti in carcere.
12 novembre 2016 (modifica il 12 novembre 2016 | 21:59)
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