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Democratiche in rivolta per l'esclusione dal governo. "Vicesegreteria a una donna"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

All’indomani del giuramento del governo Draghi, continua a far discutere l’assenza di donne del Partito Democratico tra gli esponenti del nuovo esecutivo. Una donna al posto di Andrea Orlando, se lasciasse la vicesegreteria PD? “Non so che cosa deciderà di fare Orlando, però credo che noi dobbiamo chiedere che ci sia una vicesegretaria donna”, dice Cecilia D’Elia, portavoce delle Conferenza delle donne democratiche, che anzi rilancia: “Così come dobbiamo porre il tema dei capigruppo alla Camera e al Senato, che sono entrambi uomini. Questo problema delle figure apicali negli organismi dirigenti il partito se lo deve porre”.

“Il tema non è un risarcimento per la scelta di aver nominato ministri uomini, il problema è a monte: bisogna chiedersi perché le figure apicali del Partito democratico sono tutte maschili. Se Andrea Orlando lascerà la vicesegreteria, spero che possa esserci una donna al suo posto”, torna a dire la portavoce della Conferenza nazionale delle donne Pd a proposito di una squadra di sottosegretari dem solo al femminile. “Che il partito si sia accorto che c’è un problema va benissimo, ma il tema - sottolinea - non è un risarcimento su questi incarichi, è una riflessione più profonda, su come è fatto il Partito democratico, su come ci guardano dall’esterno. In questi mesi in tante si sono mobilitate anche sul tema del Recovery e poco di questa mobilitazione si ritrova nei profili e nei numeri del governo”.

Con il passare delle ore si moltiplicano gli interventi critici. “La scelta del gruppo dirigente del PD di indicare solo figure maschili è una ferita aperta, uno sfregio alla storia della sinistra. Una scelta anti storica”, dice Simona Bonafè, eurodeputata e segretaria regionale del PD della Toscana al Tg4.

Il fatto che a sinistra non ci sia nessuna donna ministro non è un buon inizio, attacca la dem Debora Serracchiani: “Siamo di fronte alla prima volta in cui nella delegazione di governo del PD non c’è una rappresentanza femminile. Non è ammissibile”, dice in un’intervista al Messaggero. A suo avviso “le donne sono state sacrificate in nome delle correnti”. “Sicuramente c’è un tema legato a come oggi il PD si pone all’esterno e cioè attraverso una suddivisione marcata tra correnti - sostiene - Dall’altra però, c’è anche una debolezza delle donne del partito che non hanno avuto volontà o modo di occupare uno loro spazio per costruire una leadership. Il fatto è che quando bisogna decidere i posti di potere sulla base delle competenze e delle conoscenze, le donne non giocano quella partita. È senza dubbio un tema che va affrontato subito”.

Di un problema di leadership parla anche l’ex ministra Marianna Madia, che nel suo blog su HuffPost osserva: “La questione delle donne nel Partito Democratico è un problema di leadership, non di “riconoscimento” di ruoli o incarichi. E non è un problema di “competenze” specifiche non valorizzate. Questa lettura sconta un principio di subalternità. Il problema del Partito Democratico è un correntismo esasperato che condiziona le scelte e riduce ogni passaggio alla ricerca di un equilibrio burocratico in nome della famosa “unità”. L’assenza di battaglie di idee libere, oltre a rappresentare un male in sé, contribuisce al pregiudizio per le donne”.

Dello stesso avviso la deputata PD Lia Quartapelle, che su Twitter commenta: “Ha ragione Marianna Madia, il problema che emerge dalla vicenda donne è la leadership. E anche la politica, aggiungo”.

In un’intervista a La Stampa la veterana Rosy Bindi si rivolge alle colleghe: “Basta sottomissione ai maschi, è ora di puntare alla guida del partito. “Mi dispiace molto, ora immagino che ci sarà un bilanciamento con i viceministri e i sottosegretari nell’affidamento delle deleghe, ma è chiaro che è una grande ferita. Considerando che le forze che hanno dato vita al Pd sono quelle che tradizionalmente si sono battute per la parità, è chiaro che l’assenza di donne stride molto”. “Un po’ di responsabilità ce l’hanno anche le donne, un po’ di più di solidarietà femminile non guasterebbe”.

“Le donne - dice Bindi - se vogliono contare devono decidersi a assumere dei ruoli politici dentro il PD. Ce ne sono molte brave, capaci ma prive di una soggettività politica autonoma, troppo spesso gregarie dei capicorrente uomini”. E aggiunge che nel PD “manca ancora il riconoscimento di una leadership femminile. Per riuscirci bisogna occupare il primo scalino altrimenti nessuno ti cederà il secondo”. Arrivare ad avere quindi una donna come segretario del partito: “Sì, penso che sia il momento per le donne di candidarsi alla guida dei partiti”.

Mauro Buschini, membro della direzione nazionale del Partito democratico, prova a schivare i colpi delle colleghe. “La parità di genere ha sempre rappresentato un tema imprescindibile dell’azione politica di Nicola Zingaretti. Anche in questo ultimo passaggio di formazione del governo Draghi ha sottolineato, prima degli altri, l’assenza di donne nella compagine Pd al Governo, ponendolo come un punto politico da risolvere”, scrive sulla sua pagina Fb. “Zingaretti si è speso sempre moltissimo per la rappresentanza delle donne, per i loro diritti e per far si che le donne potessero esercitare nel Partito la leadership. Ha lavorato affinché si ricostruisse, dopo anni, la conferenza nazionale delle donne democratiche e nel Lazio, la sua giunta è sempre stata caratterizzata dal protagonismo delle donne. Sono solo brevi esempi di un lavoro e di un percorso politico da sempre incentrato sulla difesa del protagonismo femminile. Sono fatti che non possono essere messi in discussione. Come non può essere messo in discussione - conclude - il lavoro straordinario di Nicola sul partito, che ha rimesso il Pd al centro dello scenario politico nazionale”. Come contromossa – secondo quanto riporta Repubblica - Zingaretti indicherà solo donne per i posti di sottosegretario, un gesto che difficilmente placherà le polemiche sempre più roventi all’interno del partito.

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