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La doppia ipocrisia del caso Meloni

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Vacca e scrofa. Grazie a questi due epiteti dedicatigli pubblicamente da un professore universitario, Giorgia Meloni nell’ultima settimana ha sperimentato cosa significa vivere la contraddizione tra due impianti culturali opposti. Il maschilismo di cui quelle parole sono portatrici è infatti l’eredità di una cultura patriarcale che agisce sì in tutte le ideologie, ma che solo in una rappresenta un sistema di valori; quell’ideologia è il fascismo e, nella sua versione democraticamente sostenibile, anche la destra conservatrice di cui Meloni è la voce più radicale. La solidarietà contro il maschilismo e la capacità stessa di riconoscerlo tale sono invece frutto della cultura femminista e democratica e la leader di Fratelli d’Italia ha misurato sulla sua pelle quanto quella cultura funzioni per te anche se appartieni a un altro ordine simbolico.imageimage

È giusto così.Il rispetto è un diritto e i diritti non vanno meritati, anzi sono tali proprio perché vengono applicati a chi per virtù propria non li otterrebbe mai. Per questo lo stato di diritto serve anzitutto al peggiore dei criminali; sempre per questo la donna Giorgia, la madre che chiedeva con ferocia di affondare la Seawatch e la cristiana che restava seduta col suo partito mentre il parlamento approvava l’istituzione della commissione Segre contro l’odio, ha ottenuto solidarietà anche da donne alle quali non l’ha mai mostrata, nemmeno quando a usare epiteti misogini sono stati e continuano a essere gli uomini di cui è fiera leader. Il femminismo però non è un’indignazione a intermittenza, né un rigurgito di cortesia cavalleresca che fa correre in soccorso della donzella maltrattata.

È un processo di liberazione complesso e duro, in forza del quale chiedo a Giorgia Meloni per quanto tempo vorrà ipocritamente mangiare dai due sacchi, facendo la vittima del pensiero patriarcale quando la tocca in prima persona, ma facendo vittime col pensiero patriarcale in regioni come l’Umbria e le Marche, dove FdI insieme alla Lega sta promuovendo leggi a detrimento della vita e della libertà di donne comuni che non potranno mai difendersi con i suoi stessi strumenti di potere.

In attesa della risposta, si spera che Meloni non sia stata però l’unica a imparare qualcosa da questa circostanza. Qualche anima bella ha forse capito quanto sia fantasiosa la teoria secondo la quale a sinistra sarebbero tutti femministi e a destra tutti misogini. La verità è che non esistono parti politiche amiche delle donne e ogni provvedimento in favore della libertà femminile esiste solo grazie alla pressione delle loro stesse lotte. Nessuno stupore quindi per la disinvoltura sessista di Giovanni Gozzini, né per l’abbozzare maldestro di Giorgio Van Straten, esponenti di un’accademia dominata da un muro di cravatte quasi tutte sedicenti progressiste, ma dove la sottovalutazione intellettuale delle donne è gridata dai numeri: 77 rettorati su 83 sono occupati da maschi. Arrivare all’apice per le donne è difficilissimo e a denunciarlo fu tre anni fa persino il rettore della Normale di Pisa, rivelando che ogni volta che proponeva una collega per una promozione le insinuazioni sessuali degli uomini concorrenti erano così violente (vacca? Scrofa?) che la candidata si sentiva costretta a scegliere tra la carriera e la reputazione.

La voce del rettore della Normale resta un unicum: a rendere ancora così forte il sessismo è soprattutto il silenzioso catenaccio degli uomini tra di loro. Nel collegamento video su Meloni abbiamo osservato la stessa dinamica vista in tv poche settimane prima, quando Alan Friedman chiamò Melania Trump con l’epiteto di escort nel silenzio completo degli altri uomini in studio. Tra chi tace, chi ammicca e chi cerca l’ipocrisia di un insulto meno becero, non si è ancora visto il miracolo civile di un uomo che si assumesse la responsabilità del conflitto, spezzando il ritmo delle gomitate tra commilitoni. Fino a quel momento, Meloni avrà la solidarietà del presidente della Repubblica e pure la mia, ma le donne comuni continueranno a vivere in un paese in cui la violenza delle parole è sistemica quanto quella dei fatti.

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