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Covid, donne vittime della crisi: per una su due peggiorata la condizione economica

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Le donne sono ancora una volta le prime a pagare il conto, salato, della crisi in cui il mondo è piombato nell'ultimo anno a causa della pandemia. Un conto non solo sociale ma anche economico: in Italia una donna su due ha visto peggiorare la propria situazione economica nell'ultimo anno, mentre tra quelle che un lavoro sono riuscite a conservarlo la metà teme di perderlo.

imageimage Tra le disoccupate invece una su quattro ha smesso di cercare lavoro, a causa del Covid. Una situazione che già prima non era rosea ma che ora è peggiorata, specialmente se si guarda alla fascia di età tra i 25 e i 34 anni: qui oltre sei donne su dieci (63%) hanno visto crollare la propria situazione economica, dovendo rinunciare così alla propria indipendenza economica. Nella fascia 45-54 enni si parla del 60%.

imageimage Questa fotografia allarmante emerge dalla ricerca "La condizione economica femminile in epoca di Covid-19"  - realizzata su un campione di mille donne a fine gennaio - da Ipsos per WeWorld, organizzazione italiana che difende i diritti di donne e bambini in 27 Paesi del mondo. E che sarà al centro del dibattito del 4 marzo, nel corso dell'Edizione Speciale di WeWorld Festival - la due giorni di incontri e talk online per parlare di diritti delle donne - che è parte della campagna di WeWorld #maipiùinvisibili contro la violenza sulle donne (tramite cui è possibile donare mandando un sms o chiamando da rete fissa il 45590 dal 1 al 21 marzo).

imageimage Il 60% delle donne non occupate con figli dichiara di aver avuto durante la pandemia una riduzione di almeno il 20% delle proprie entrate economiche, che implica spesso un'aumentata e preoccupante dipendenza: il 51% sostiene infatti di dipendere maggiormente da famiglia e partner rispetto al passato. "Un dato che accende diverse spie di allarme" spiega Elena Caneva, coordinatrice del Centro studi di WeWorld. "Da un lato si assiste a una preoccupante dipendenza economica dal partner di una parte di loro, dall'altro un forte impatto della pandemia sul lavoro sommerso, soprattutto quello di cura e assistenza domestica tra chi oggi non ha un'occupazione. Oltre alle implicazioni pratiche, i dati raccontano un impatto devastante sulle relazioni sociali e sull'autopercezione delle donne: perdere l'autostima e la voglia di vivere mina tutti i pilastri fondamentali per costruire una vita sana e dignitosa per sé e per i propri figli. Occorre fare qualcosa perché questa assenza di prospettive e inceretezza per migliaia di donne non diventi strutturale".

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Purtroppo le più martoriate in questo periodo sono state le donne disoccupate con figli: una su tre ha rinunciato a cercare un'occupazione, visto il carico del lavoro di cura che la pandemia ha portato con sé. Infatti questa attività è quasi interamente sulle spalle delle donne: nonostante gli aiuti familiari, ripartiti dopo il primo lockdown, ancora il 38% delle donne dichiara di farsi carico da sole di anziani e bambini, dato che sale al 47% tra le donne tra i 25-34 anni, concentrate sui figli minori e al 42% nella fascia 45-54 anni, che curano soprattutto gli anziani. Inoltre Il 38% dichiara di non poter sostenere una spesa imprevista, quota che sale al 46% tra le madri con figli. In particolare il 14% delle donne ha avuto difficoltà a fronteggiare le spese per il materiale scolastico dei figli, percentuale che sale al 27 nei casi delle disoccupate. Non solo, il 37% ha avuto criticità per le spese mediche e dentistiche, il 56% per quelle senza lavoro.

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L'incertezza economica determina un'instabilità emotiva e mentale che ha portato l'80% delle intervistate ad affermare che la pandemia ha avuto un impatto terribile sulle proprie relazioni sociali e il 46% sulla propria voglia di vivere. Il 76% ha visto un impatto negativo sulla voglia di fare progetti per il futuro. Sono le giovani donne (18-24 anni e 25-34 anni) ad accusare un maggior impatto della pandemia sul loro umore, mentre l'83% delle meno giovani (55-65 anni) soffrono di più sul fronte relazionale. Per il 64% delle più giovani (18-24 anni) la pandemia ha avuto un impatto fortemente negativo sulla propria autostima.

imageimage "Questa situazione di esclusione delle donne non è iniziata ora ma ha radici profonde. La pandemia ha solo amplificato la problematica" conclude il presidente di WeWorld, Marco Chiesara. "Questa percezione arriva anche dai nostri operatori e operatrici sul campo, che lavorano in diverse città italiane a supporto di donne e bambini, e dalle tante richieste di aiuto che ci sono giunte: donne lasciate sole, a far fronte a un carico enorme dal punto di vista familiare, professionale e psicologico. Questa situazione ha accomunato tutte le donne italiane, ma diventa drammatica se si guarda alle aree più marginali e alle periferie, da Nord a Sud: è da qui che bisogna iniziare a lavorare subito per avviare il cambiamento".

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Il 30% delle intervistate ha infatti dichiarato che si è rivolto a servizi di aiuto, primo tra tutti la consegna di medicinali e alimenti. Il 16% ha usufruito del sostegno di sportelli ed help line, una percentual che sale al 34% nel caso di donne occupate con figli, spia forse di un maggior carico del lavoro di cura (ricordiamo che in Italia tale compito è sbilanciato per oltre i due terzi sulle donne) che ha aumentato lo stress piscologico oltre che materiale.

Un dato confortante, si legge nella ricerca, è che due lavoratrici su tre hanno usufruito di agevolazioni sul lavoro, aggiuntive rispetto a quelle previste nei decreti. Il 32% ha goduto di maggiore flessibilità oraria e della possibilità di lavorare in smart working, il 36 se si parla di donne con figli, il 28 senza figli.

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1. Rilanciare l’occupazione femminile, ad esempio attraverso il supporto fiscale, investimenti in settori ad alta prevalenza femminile, eliminazione del gender pay gap (anche tramite l’istituzione di sistemi di controllo e di valutazione delle aziende), aumento della retribuzione dei lavori di cura.

2. Garantire adeguate politiche di conciliazione tra vita famigliare e vita lavorativa, attraverso l'offerta diffusa di asili nido, di tempo pieno nelle scuole già dalla prima infanzia, aumento dei tempi di congedo di paternità ed estensione anche ai lavoratori autonomi.

3. Superare la discriminazione di genere, con strumenti come l'istituzione, a partire dalla scuola dell’infanzia, di curricula volti a sradicare gli stereotipi di genere e a promuovere una cultura dell’uguaglianza e della parità di genere; investimenti nella formazione continua e nelle campagne di sensibilizzazione alla parità all’interno degli ambienti aziendali.

 

 

 

 

 

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