Donne & Disabilità: un progetto per l'empowerment delle donne caregiver (09/03/2021)
Un esempio concreto?Se in una famiglia c’è un bambino con disabilità non ancora incluso a scuola, aiutiamo la famiglia a mettersi in contatto con la scuola e poi cerchiamo di rafforzare il percorso educativo scolastico dialogano con i docenti, facendo formazione nelle scuole, perché non sempre i docenti hanno la preparazione necessaria per includere i ragazzi con disabilità, cerchiamo di aiutare. La stessa cosa per la parte più riabilitativa e di salute, cerchiamo di mettere le famiglie in contatto con i servizi, segnalando se ci sono famiglie che non sono ancora entrate in contatto con i servizi.
La terza area?Abbiamo una terza area che riguarda un po’ tutta la comunità oltre che le famiglie, in cui facciamo formazione e sensibilizzazione sui temi dei diritti delle donne, i diritti delle persone con disabilità, la prevenzione della violenza, del maltrattamento, della dipendenza da alcol e droga che lì sono abbastanza diffusi. Facciamo incontri nelle scuole e nei quartieri, nei paesi dove lavoriamo, perché non siamo solo nelle città grandi ma anche nelle aree rurali dove è difficile che arrivino tutte le istituzioni competenti. Facciamo molte attività pratiche, dal momento che non tutti gli adulti sanno leggere e scrivere, quindi anche le formazioni vanno fatte in un certo modo. Parliamo anche di una società abbastanza patriarcale, maschilista, con un’alta incidenza della violenza domestica: è importante trattare questi temi non solo con la comunità ma anche facendo un lavoro di coordinamento e formazione per i funzionari pubblici, perché il fatto che una persona ha una disabilità o meno fa sì che non possa essere la stessa cosa approcciarsi a lei quando ha bisogno di un servizio pubblico. Non sempre i funzionari hanno la capacità di farsi comprendere e di assicurarsi che il messaggio arrivi alla persone con disabilità. Su questo per esempio vediamo che c’è già stato un netto miglioramento rispetto all’inizio del progetto: la gran parte dei funzionari adesso adotta un linguaggio corretto nei confronti delle persone con disabilità mentre all’inizio capitava di sentire usare anche epiteti denigranti. Con le autorità locali c’è un dialogo per cui oltre a proporre formazioni per i funzionari facciamo parte di vari tavoli interistituzionali di coordinamento.
Qual è stato l’impatto del Covid sul progetto D&D?Ovviamente con il Covid abbiamo dovuto rimodulato le attività, tutti gli incontri che facevamo in gruppo, anche con 80 persone, non abbiamo più potuto farli. Abbiamo fatto tanto tramite video, chiamate telefoniche o whatasapp, naturalmente dove possibile perché Esmeraldas è una delle regioni più povere del Paese, non tutti hanno il telefono e chi lo ha non è detto che abbia la connessione. Quando la sit lo ha permesso, perché anche in Ecuador come in Italia ci sono stati momenti di chiusura e di relativa apertura, abbiamo continuato il progetto con il porta a porta, portando questi messaggi e la formazione di famiglia in famiglia, all’aperto, andando di casa in caso, una famiglia per volta, ovviamente con i dispositivi di protezione. L’anno scorso è stato molto complicato per la Dad proprio perché avere uno smartphone e una connessione non è così scontato per le famiglie del nostro progetto, quindi una parte importante è stata aiutare i ragazzi e le ragazze stampando le dispense o mettendosi in comunicazione con i prof per sapere i compiti da fare e tenere il passo con la scuola.
Qual è un ricordo particolarmente forte legato al progetto?Le situazioni in cui ci troviamo sono molto diverse une dalle altre, lavoriamo con persone con disabilità e famiglie che si trovano in una condizione sociale svantaggiata, proprio perché con il progetto cerchiamo di arrivare dove c’è più bisogno. C sono donne un po’ più consce del loro ruolo, dei loro diritti e delle possibilità che ci sono per aiutarle e altre con cui dopo aver partecipato alla nostra formazioni ci hanno detto “grazie, perché io non sapevo neanche cosa fosse l’autostima”. Può sembrare una cosa basilare e acquisita ma non è così. Infatti il progetto ha una parte di counseling che viene fatto sia dalle promotrici che alcuni psicologi che OVCI e Fondazione Don Gnocchi hanno nel personale: qui si apre un discorso ampio ma dobbiamo immaginare che ci sono donne che hanno accettato la loro condizione di donne con disabilità o madri di figli con disabilità e altre che devono essere accompagnate in quieto percorso. Sempre molto forte è poi tutta la parte relativa alla prevenzione della violenza domestica, che va in parallelo a tutte le azioni del progetto: le donne con cui lavoriamo, che siano disabili o caregiver sono in una condizione di vulnerabilità economica e pertanto soggette a violenza o discriminazione più delle altre donne.