Evvie e la «marcia delle 200 mila» nella Washington di Trump
Evvie Harmon è un ‘insegnante di yoga e fino a qualche setttimana fa la sua era una vita come milioni di altre. Poi, l'elezione di Donald Trump, ha cambiato le cose e la sua agenda è diventanta piena come quella di un Capo di Stato. Oggi Evvie passa da una conference call all’altra e da una riunione all’altra. Colpa di un'idea, venuta a un gruppo di amiche, di organizzare una marcia di protesta per il giorno successivo a quello dell’insediamento del nuovo Presidente: una sera hanno creato l’evento su Facebook, un po’ come si fa per invitare gli amici a una festa di compleanno, e poi sono andate a dormire. Al loro risveglio avevano aderito circa 10 mila persone e oggi, alla pagina sono iscritte circa 100 mila persone, tanto che il Washington Post azzarda l'ipotesi che quella del prossimo 21 gennaio sarà la più grande manifestazione di protesta a seguito di un’inaugurazione presidenziale di sempre.
“Quando tutto questo è cominciato, nessuna di noi pensava sarebbe nata una cosa di questo genere-speiga Evvie-. Le autorità prevedono che saremo come minimo 200 mila in arrivo da tutti gli Stati, ma la verità è che nessuno sa di preciso in quante saremo, anche perché nello stesso giorno corte simili a quello di Washington si riuniranno in tutto il mondo, da Londra all'Australia”.
Non è un po’ tardi per marciare contro Trump?
«So che non ci crederà, ma questa non è una marcia contro Trump».
Infatti non ci credo. Non mi direte che è un caso che una marcia del genere si svolga a Washington il giorno dopo l’insediamento di Trump?
«No. Non è un caso: è vero, Trump a molte di noi non piace, e troviamo esecrabili le parole con cui in passato e in campagna elettorale si è rivolto alle donne. Troviamo eseccrabili anche molti punti della sua agenda. Pretenderemo le sue scuse e chiederemo alla sua amministrazioni politiche che siano rispettose dei diritti delle donne. Ma questa non è una marcia contro Trump».
Sicura?
«Sicurissima. Trump non è il problema. Il problema è un sistema che permette che uno misogino e sessista come Trump divenga Presidente. Ma abbiamo deciso di fare in modo che l’elezione di un personaggio del genere serva a darci la spinta per unirci e chiedere insieme, finalmente, pari diritti per le donne in tutto il mondo a partire dall’America».
Per esempio?
«Ancora oggi guadagniamo meno dei nostri colleghi; finché siamo a scuola o all'università siamo delle specie di geni, poi, quando cominciamo a lavorare, all’improvviso tutti ci dicono che valiamo meno: perché? Ci sono lavori che ci sono preclusi, siamo sistematicamente tagliate fuori dai ruoli di dirigenza, e in politica le donne che occupano un ruolo di rilievo si contano sulle dita si una mano. Noi, il 21, marceremo contro questo, non contro Trump».
Credete che Hillary non abbia vinto perché è una donna? Credete che esista veramente il soffitto di vetro di cui si è tanto parlato?
«Me lo sono chiesta tante volte. Mi sono chiesta tante volte se Hillary ha perso perché é donna o perché è Hillary. Mi sono chiesta tante volte se una donna più amata dai media, come Michelle Obama per esempio, avrebbe avuto una sorte diversa».
E cosa si è risposta?
«Sempre la stessa cosa: prima di tutto Hillary non ha perso. Ha preso tre milioni di voti in più del suo avversario. E questo non si chiama perdere».
Ma il Presidente lo fa un altro, quindi….
«Hillary è stata sistematicamente massacrata dai media. Sul suo conto sono state inventate le menzogne più grossolane e feroci, il fatto che abbia preso tutti qui voti, nonostante per mesi la stampa e i social network non abbiano fatto che pubblicare panzane sul suo conto è una specie di miracolo. Un miracolo che ha compiuto da sola, contro tutti e forse anche contro il fatto di essere donna».
Sarà. Ma non è bastato.
«Per questo marciamo. Perché siamo stufe di fare miracoli. Ci accontenteremmo di avere gli stessi diritti degli uomini. Di poter giocare alla pari».