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Eva Cantarella: "Il potere delle donne? Dall'antichità a oggi una lotta senza fine"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Per la donna è sempre stata scalata di montagna aguzza: tutto le è stato negato quando si è potuto, molto poco concesso quando inevitabile (continua ad accadere). Domenica 4 aprile le Lezioni di Storia, dedicate alla "Presa del potere", fanno una speciale virata pasquale e chiamano tre donne a parlare di donne e potere, tra passato e presente, da Agrippina a Ursula von der Leyen: sono la giurista e storica dell'antichità Eva Cantarella, le giornaliste e scrittrici Alessandra Sardoni e Jennifer Guerra. Converseranno via web con lo scrittore Paolo Di Paolo (alle 18, dall'Auditorium Parco della Musica di Roma, da seguire sulle pagine Facebook e YouTube degli editori Laterza e dello stesso Auditorium).

Professoressa Cantarella, la presa del potere da parte delle donne è mai stata una realtà?"Intende il matriarcato? Mai esistito. Ognuno può credere quel che vuole, ma io sono una storica, e non esiste un minimo di documentazione in materia, solo leggende o supposizioni; sono esistite donne che hanno detenuto un grande potere, ma non è matriarcato, quello resta solo un mito".

Entriamo, allora, nei suoi territori, la condizione della donna nell'antichità?"C'era una bella differenza tra la Grecia e Roma, inizialmente anche le romane erano sottoposte agli uomini come le greche, erano essenzialmente mogli, succubi prima del padre e poi del marito, oppure, in assenza del marito, dei fratelli ma, mentre per loro le cose a un certo punto cambiano, per le donne greche invece no, almeno fino all'età ellenistica".

Allora, cominciamo dalla Grecia classica."Dove, se un padre muore, eredita solo il maschio: la donna ha una dote che passa direttamente al marito, e che ritorna alla famiglia in caso di vedovanza, e addirittura, se non ci sono fratelli che ereditano, allora è costretta a sposare il parente più stretto, come può esserlo uno zio, per fare in modo che la proprietà rimanga in famiglia. E parliamo di una condizione che vige ai tempi d'oro di Pericle, nel V secolo avanti Cristo".

Questo, dal punto di vista patrimoniale."Di educazione non ne parliamo proprio, non ne ricevono affatto, la donna in Grecia è tenuta alla castità prima del matrimonio e alla fedeltà dopo. Il marito ha diritto a una moglie che gli partorisca figli legittimi, a una concubina che può vivere in casa ma è madre di figli illegittimi. E, poiché le mogli non hanno diritto alla vita sociale, vedi banchetti e simposi, qui il marito può usufruire della compagnia dell'etera, prostituta acculturata quanto basta per intavolare una conversazione. Quindi, quando Demostene asserisce che un marito ha diritto a tre donne, però tace sul quarto elemento: il ragazzo di cui generalmente è innamorato".

Una condizione non certo rosea. Ma Roma è più emancipata, dicevamo."Lo si deve alla sua prima dominazione da parte degli etruschi, nella cui civiltà la condizione delle donne è migliore: studiano, sono coltivate, possono banchettare con i mariti, ma neanche qui c'è matriarcato, come invece erroneamente si è detto. A Roma, dunque, c'è una maggiore emancipazione, le donne sono libere e hanno diritto al loro patrimonio come già viene testimoniato dalle leggi delle Dodici tavole del 450 avanti Cristo, già da allora si decide che il patrimonio venga diviso tra i figli maschi e le femmine al 50 per cento. È vero che sono sottoposte al padre, al marito o al tutore, ma la tutela comincia a decadere per due ragioni. La prima è l'indipendenza economica che viene dal patrimonio originario, non solo, stando tanto tempo lontano da casa, i mariti si affidano alle mogli per la gestione del patrimonio. La seconda ragione è lo studio, sono acculturate. Dunque, indipendenza economica e cultura sono stati e saranno sempre fattori di emancipazione, in ogni epoca".

È questo genere di contesto che produce una donna di potere come Agrippina?"Donna dal carattere particolarissimo, ma di certo la cultura e la pratica dei soldi danno adito a personalità del genere. Si aggiunga che, al contrario della Grecia, la maternità a Roma era socialmente riconosciuta, pensiamo a Cornelia madre dei Gracchi quando dice: "Ecco i miei gioielli". Insomma la situazione era infinitamente migliore, poi le cose cambiano".

Cosa accade?"Siamo in età augustea, si registra una calo demografico, la crisi economica cresce, la vita diventa difficile, comincia in una parola la decadenza di Roma e il cristianesimo, nella questione, gioca un duplice influsso: da un lato con Gesù e nei Vangeli c'è un riconoscimento del ruolo della donna; dall'altro i Padri della Chiesa arrivano a definirla "porta dell'Inferno". Insomma, da questo momento si comincia a tornare indietro, perché la Storia - come sappiamo, purtroppo - non procede solo in avanti".

Infatti, anche la contemporaneità non brilla."Stiamo spaventosamente tornando indietro, dopo tutte le conquiste giuridiche sull'aborto, sul divorzio, la parità totale, la libertà sociale, assistiamo a tentativi di messa in discussione dell'aborto, per dirne una e per non parlare della violenza quotidiana che viene perpetrata contro le donne".

Ma anche che si debba ancora patteggiare la rappresentanza ai vertici di partito non consola."Lo trovo avvilente. Penso, ovviamente, che le quote rosa abbiano una grande funzione, ma sinceramente non so neanche se è il metodo giusto, perché se entri come una quota sarai sempre entrata così, e l'autorevolezza rischia di essere inficiata. Voglio essere chiara: lo trovo giusto ma ne vedo anche gli aspetti negativi, parliamo di qualcosa che non dovrebbe esserci più e ancora c'è. Tuttavia, una nota di speranza: quest'anno di Covid ci ha anche rivelato l'esistenza di donne autorevoli, scienziate, studiose, al vertice di realtà importanti, in ruoli abitualmente riservati ai maschi. È un bellissimo segno".

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