Anatomia dei Talebani - la Repubblica
Il disimpegno militare degli Stati Uniti e della Nato dall’Afghanistan, accende i riflettori sui talebani. Ma cos’è l’Emirato Islamico oggi? Quali sono i suoi obiettivi e da chi è composto? Rispondere a queste domande è essenziale per comprendere la situazione e i continui tira-e-molla con Kabul, che prima o poi dovranno avere fine in un modo o nell’altro. Che sia un accordo politico, oppure la violenza.
Le correnti
Partiamo da un concetto di base: i talebani (gli “studenti” in lingua Pashto) non sono tutti uguali e con un unico obiettivo. Essenzialmente si dividono tra correnti pachistana e afgana. La prima ha interessi principalmente interni e nel Waziristan (la regione al confine tra i due paesi). La seconda, invece, è quella coinvolta nella partita afgana. Questa è divisa in due sotto-gruppi: uno, quello della Shura di Qetta, è il principale. Fino all’anno scorso lo comandava Hibatullah Akhundzada, un veterano e un religioso dalle posizioni ortodosse, nemico giurato dei “crociati” occidentali, che però sembra si sia ammalato di Covid-19 e al suo posto sia subentrato Mohammad Yaqoob, il figlio maggiore del Mullah Omar. Secondo diverse fonti locali è stato lui, già prima di diventare il comandante in capo, il fautore degli accordi di Doha con gli Stati Uniti. Inoltre, è considerato la figura all’interno della formazione più favorevole al processo di riconciliazione nazionale.
L’altro gruppo, l’High Council of Afghanistan Islamic Emirate, è stato creato da Muhammad Rasul nel 2015, dopo essere fuoriuscito dalla formazione originale. Ciò in quanto in disaccordo sulla scelta di proclamare Emiro il Mullah Akhtar Mansour, che considerava un “corrotto” perché usava l’intera struttura esclusivamente per fini personali. Rasul, il quale ordinò anche un fallito attentato contro Akhundzada, si è sempre opposto ai colloqui di pace con gli Usa che cerca di ostacolare ancora oggi. I due sotto-gruppi sono in lotta tra loro, anche se cercano di ridurre al minimo le occasioni di contrasto e la pubblicità su attentati e scontri. L’obiettivo, infatti, è evitare di mostrare all’esterno un segnale di divisione e quindi di debolezza. Entrambi, comunque, continuano a cooperare con Al Qaeda, nonostante i loro proclami affermino il contrario. Lo conferma il Long War Journal, secondo cui si registrano attività del network fondato da Osama Bin Laden in 21 delle 34 province del paese asiatico. Ciò sarebbe impossibile se non ci fosse un accordo, a maggior ragione del fatto che da tempo l’Emirato Islamico ha lanciato una violenta offensiva in tutta la nazione, guadagnando terreno in molte aree.
Le aree controllate
I talebani, infatti, oggi controllano numerosi distretti in Afghanistan, soprattutto a nord e a sud. Il loro asse più forte è tra Farah ed Helmand, in direzione di Musa Qala, ma si registra una loro intensa attività anche tra Baghlan e Kunduz. Negli ultimi giorni, comunque, la loro offensiva è stata ridimensionata dalle forze di sicurezza di Kabul, che hanno riconquistato diverse zone. Inoltre, l’inizio del Ramadan dovrebbe allentare ulteriormente la violenza. Lo stesso presidente Ashraf Ghani ha chiesto all’Emirato Islamico di rispettare la tregua, almeno durante il periodo della ricorrenza.
Le ricchezze
La maxi offensiva, però, per un certo periodo è sembrata inarrestabile. I fondamentalisti continuavano ad avanzare e i soldati afgani non riuscivano a fermarli. Tanto che dopo anni erano riprese anche le defezioni in massa tra poliziotti e militari. Ciò è derivato essenzialmente da un elemento: i talebani nell’ultimo biennio si sono arricchiti, al punto di diventare per la prima volta indipendenti dai loro partner e finanziatori tradizionali. I bilanci monstre sono dovuti ai profitti in vari settori: dal traffico di droga al contrabbando di merci, passando per le estrazioni minerarie illegali, la vendita dei prodotti al mercato nero e le estorsioni. Il loro core business, comunque, rimane la produzione di oppio (l’84% di quella mondiale degli ultimi cinque anni, secondo un rapporto ONU del 2020), a cui si è aggiunta quella recente di metanfetamina. Questa sfrutta la presenza abbondante di Ephedra, che cresce spontaneamente nelle regioni montuose centrali del paese asiatico. In crescita anche l’estrazione di ferro, marmo, rame, zinco e altri metalli, nonché le estorsioni e le tasse imposte in diverse regioni della nazione.
Il confronto con l'Isis
Soprattutto dopo i successi dell’offensiva contro i soldati di Kabul. Infine, l’Emirato Islamico ha ripreso a ricevere ingenti flussi di finanziamenti da parte di “charities” e fondi privati, dopo anni in cui le risorse si erano ridotte al lumicino. Ciò in quanto sembrava che stesse emergendo un gruppo concorrente: l’ISIS, con la branca del Khorasan (IS-KP), che adottò anche una efficace politica di reclutamento tra i rivali. Invece, nell’ultimo anno la formazione “residente” è riuscita a marginalizzare e a mettere in un angolo gli “usurpatori”, recuperando credibilità e fondi.
I negoziati con Kabul
Peraltro, mentre continuano i negoziati con Kabul e c’è grande attesa per gli incontri a Istanbul dal 24 aprile al 4 maggio, il gruppo fondamentalista ha già cominciato a mettere in pratica in Afghanistan il suo obiettivo finale: quello di creare una società basata sulla Sharia, che regolerà tutto e tutti. Dalla struttura di governo ai diritti dei cittadini e delle donne, passando per la Costituzione, la politica estera e i diritti umani. Lo sta facendo innanzitutto interagendo con tutte le istituzioni del paese asiatico a livello locale, grazie a una vera e propria struttura ombra che si affianca a quella lecita, soprattutto nei territori controllati. Inoltre, i talebani hanno puntato sulle scuole, operando su un doppio binario. Da una parte oggi permettono anche alle bambine di frequentare le aule (a patto che indossino lo hijab, il velo tradizionale, e che seguano attentamente le regole della Sharia). Ciò per mostrare al mondo l’“apertura” e la mancanza di preconcetti che hanno predicato ultimamente. Dall’altra, però, hanno già cominciato a togliere dai programmi alcune materie definite “immorali”, come arte ed educazione civica, sostituendole con altre a stretta impronta islamica. Peraltro, in molte istituzioni locali i dipendenti vengono pagati dallo Stato, ma ormai rispondono solo all’Emirato Islamico.
La forza dei talebani, comunque, ancora oggi rimane soprattutto quella data dalla violenza e dalla paura. Ciò, nonostante i fondamentalisti abbiano cercato negli ultimi anni di porsi con la popolazione come alternativa positiva di un governo inefficiente e corrotto. Forza che, se si concretizzeranno gli accordi di pace e l’ingresso dell’Emirato Islamico nelle istituzioni, si dovrebbe diluire. O almeno è ciò su cui scommette il presidente Ghani e i sostenitori dei negoziati a Kabul. A quale prezzo?