Intervista a Natalia Aspesi, una che dice “sta zitto” agli uomini
Il primo giorno che la chiamo, Natalia Aspesi mi dice: “Ma io sono una matta, perché vuol parlare con me?”. Il secondo giorno: “Ho in tutto – mi faccia controllare l’orologio – due minuti: le bastano?”. Il terzo: “Ha ragione, ieri le avevo detto di chiamare alle diciotto, ma me ne sono dimenticata. Ora mi sto mettendo in ghingheri per uscire. Non se la prenda”. Il quarto, finalmente, è quello buono: “Se mi annoia, però, chiudo: la avverto”.
A novantadue anni, Natalia Aspesi è ancora irresistibile. Da un po’ di tempo, si è messa in polemica con il nuovo femminismo e le battaglie che porta avanti, il più delle volte riuscendo – ecco la ragione della sua irresistibilità – a conquistare due cose molto difficili da ottenere scrivendo: far ridere, e far discutere.
Alla fine della settimana scorsa, ha scritto su Repubblica della morte sul lavoro di Luana D’Orazio, pensando che quella storia avesse qualcosa da dire alle donne che non sono sue coetanee (stavolta, attingendo ai registri amari dell’umorismo).
“Vi chiedo scusa ragazze – ha scritto –, se tento di distrarvi dai vostri problemi, che vi disperate se vi dicono culona e ne lacrimate sui social gridando al cosiddetto body shaming, abbiate per favore la forza di immaginare il bel corpo giovane di Luana, un corpo come il vostro, straziato da una cieca macchina”.
Ancora adesso, da qualche parte, ci sarà qualcuno che commenta quel che ha scritto: se ne continua a parlare da giorni. Le reazioni sui social sono state come al solito feroci ed estreme: si è andati dall’insulto sino all’estremo opposto dell’elogio. Lei, però, parte dagli insulti.
“Mi hanno ghigliottinata. Mi hanno detto che mi devo vergognare. Che sono una vecchia avvoltoia rancorosa. Che il mio articolo era indegno, anzi uno schifo. Ma io non mi offendo mica. Sono troppo presuntuosa per offendermi. Avendo una certa considerazione di me stessa, piuttosto, leggo gli insulti e provo pena per chi li ha fatti. Poverini. Chissà che vita devono avere per aver tutta questa voglia di un nemico”.
La ghigliottina… che esagerata.
Certo, la testa ce l’ho ancora qui. Avrebbe voluta vederla rotolare?
Ma le pare?
Allora non mi atterrisca con il realismo. Il linguaggio si nutre anche di esagerazioni, di immagini che evocano. Non è che se parlo di ghigliottina penso di aver a che fare con Robespierre, ma che ci sia il rischio di una riposante dittatura, mi permetta, sì.
Cosa non la convince del nuovo femminismo?
Che vedo queste donne inferocite per i fischi che ricevono per strada e ho l’impressione che il loro problema non sia tanto il patriarcato, come lo era per le donne degli anni Settanta, ma proprio il maschio, il singolo uomo, come se tutti gli uomini non facessero altro che fischiare alle donne per strada, tutto il giorno.
Riconosce che è sgradevole?
Mio Dio che onta sentirsi dire ”’a bona”. Ai miei tempi sarei stata ultra contenta se qualcuno me l’avesse detto.
Vede che esagera?
Le parlo di me. Da giovane ero bruttina, povera e dunque anche malvestita, non l’avrei presa come un’offesa. Mi domando soltanto: possibile che, oggi, in giro ci siano solo uomini che tormentano le donne?
Dice che non ci sono?
Dico che le molestie, e, ancor di più, ovviamente, gli stupri, sono cose da prendere estremamente sul serio. Ma questo non autorizza a presumere che gli uomini – tutti, indiscriminatamente – siano dei molestatori e degli stupratori.
Non sono sicuro sia quello che fanno le donne oggi.
Ma mi spiega perché pur parlandone in continuazione le molestie e gli stupri continuano a essere così numerosi?
Me lo dica lei.
Perché evidentemente non bastano le denunce sui social per fermare le violenze. Ci sarebbe anche bisogno di andare al fondo degli uomini, visto che poi sono loro che commettono le violenze, cercando di capire come sono fatti questi benedetti maschi, anziché aizzare la lotta quotidiana contro di loro. Non sarà certo mettendo i maschi all’angolo che le violenze cesseranno. Al contrario, le cose cambieranno se si troverà una collaborazione, un dialogo tra uomini e donne.
Ma non eravate voi femministe di un tempo che, nei cortei, facevate il gesto della forbice per dire ai maschi “ve lo tagliamo”?
Io non mi ricordo nessuna scena del genere.
Me l’ha raccontato Pierluigi Battista.
Sarà senz’altro vero, ma io non l’ho visto fare e, se penso al femminismo di quel tempo, mi viene in mente che si faceva un lavoro enorme per riscoprire la storia delle donne (per esempio, si recuperarono allora pittrici del Quattrocento e del Cinquecento di cui nessuno parlava), si andava alla ricerca delle norme che limitavano la libertà femminile e su ognuna di esse si costruiva una battaglia: la patria potestà, il divorzio, l’aborto. Si combatteva il patriarcato, non l’uomo.
Come se gli uomini non c’entrassero niente?
C’entravano anche loro, ovviamente: ma, senza gli uomini, le leggi che hanno cambiato i diritti delle donne non sarebbero mai passate in parlamento, perché i parlamenti li controllavano loro, e, senza i voti degli uomini, i referendum non sarebbero mai stati approvati.
Oggi, maschi e donne si fanno solo la guerra?
Non sempre. Questa storia dei fischi per strada alle donne è comunque su tutti i giornali, e i giornali – lei dovrebbe saperlo – sono fatti soprattutto dagli uomini: si vede che in questo momento a voi maschi fa comodo sventolare la bandiera femminista.
Ora sta generalizzando.
Lei non è maschio?
Non sono uno di quelli che decide come si fanno i giornali.
Ma ha capito quello che voglio dire, su.
Sì, mi sembra solo analogo a quello che lei imputa alle nuove femministe.
Oddio quanto parla lei. E stia un po’ zitto!
Ha appena pronunciato una frase da denuncia.
Visto? Dicono che siano gli uomini a dire alle donne di stare zitte. A me non capita spesso di assistere a scene del genere. Sarà senz’altro colpa della gente che frequento.
Gente che si è messa del tutto alle spalle il patriarcato, immagino.
Ma il patriarcato, oggi, è un danno più per gli uomini che per le donne.
Ma perché?
Se sta zitto un attimo glielo spiego.
Ancora zitto?
E se lo cerca, scusi.
(...)
Dicevo che, secondo me, il patriarcato oggi lo pagano più gli uomini che le donne perché agli uomini sono rimaste tutte le incombenze della società patriarcale: devono sostenere la famiglia, hanno l’obbligo di far carriera sennò li considerano dei buoni a nulla, e in più sono costantemente sotto processo, per dei privilegi che in buona parte hanno perduto.
Allora perché lei parla sempre di donne?
Perché amo le donne (anche gli uomini eh, ma le donne culturalmente di più) e amo il femminismo. Ammiro le donne che studiano, che lavorano sodo, e che poi diventano ministre, capi di governo; le ammiro perché si sono date da fare, anziché perdere tempo dietro al muratore che, quando erano adolescenti, gli ha fischiato dietro.
Come si spiega che le donne sembra abbiano più potere a destra che a sinistra?
Destra e sinistra non c’entrano niente, per me. Quando vedo una donna che è brava a fare il suo lavoro, a capo di un partito o di una multinazionale, non la considero donna, ma professionista: amministratore delegato se è amministratore delegato, magistrato se è magistrato.
Per lei Meloni è solo un capo della destra?
Ma naturalmente è anche una donna, peraltro con buone probabilità di diventare il prossimo presidente del consiglio, ma io tendo ad ascoltare quel che dice, non il fatto che lo sta dicendo una donna. Giudico Meloni per quel che propone, e che trovo orrendo: cosa vuole che me ne importi che sia donna?
Quindi la questione delle donne nel Pd è una falsa questione?
Ho sentito che il segretario del Partito democratico ha detto: ‘Qui ci vuole una donna, anzi due!’. Così, genericamente. Mentre noi supponenti avremmo preferito sentirgli dire: ‘Qui ci vogliono i migliori, quindi una donna, anzi due!’.
Ha visto che Rula Jebreal non è andata a ‘Propaganda’ perché c’erano troppi maschi?
Ho letto, perché non guardo la tv.
E che pensa?
Che da quando l’informazione tutta, alta e bassa, scritta, detta, videata, instagrammata, e poi la politica, gli psicanalisti, le psicologhe, gli stilisti e le forze armate, e persino i servizi segreti, inneggiano alla parità di genere, anzi praticamente è la loro sola battaglia, le donne si sono fatte più severe: giustamente non tollerano alcuna disubbidienza o smemoratezza o stupidaggine maschile.
Quindi ha fatto bene Rula Jebreal?
Ha fatto bene. Per di più, in una trasmissione notoriamente tendente al democratico più che al sovranista, quindi al femminismo più che al maschilismo. Ma si sa che la sinistra, che pur tanto ha fatto in passato, cento e più anni fa, per quella che allora si chiamava emancipazione femminile, oggi, dando per scontata la parità, se la dimentica. Non vedendo la televisione, non so come sia questa trasmissione. Ogni ospite parla di un argomento diverso?
La maggior parte delle volte è così.
Allora, non mi pare immensamente grave che non ci sia parità di sessi (parola che non si usa più, perché non abbiamo più un sesso, e, quanto al genere, che fare?), mentre sicuramente lo è se si discute tutti insieme. In ogni caso, sei contro una pare troppo anche a me, e mi spiace solo che chi sta davanti al video sia privato delle parole della colta, geniale e chiedo perdono per un giudizio maschile, anche bella giornalista.
Non credevo, sa?
Ma perché pensava che volessi sbranare le donne?
No, ma che non le piacessero questi gesti spettacolari.
A me non piace che le donne parlino continuamente di torti subiti, di maschi predatori, non sento mai nei loro discorsi affiorare l’amore, il piacere. Ah, certo: io nemmeno me lo ricordo più cos’era il sesso, solo ogni tanto ho la sensazione che non fossero ore così sgradevoli. Forse è cambiato anche questo. Che ne so.
Si finge donna del neolitico?
Ma guardi che noi crescevamo con il problema tremendo della verginità. C’è qualcuno che oggi ha idea di cosa significasse? Significava avere continuamente una voglia mortale di scopare e poter fare tutto fuorché scopare.
Crede che oggi non ci sia più questa voglia?
C’è eccome. I discorsi che abbiamo fatto finora valgono per una minoranza infinitesimale di persone, che ha però il vantaggio di avere occupato il web. Tutti gli altri – io credo – scopano tranquillamente.
Lei da ragazza era complicata?
Da ragazza, quando un uomo mi lasciava (cosa che accadeva abbastanza di frequente), passavo ore a pensare al suicidio. Poi andavo alla Rinascente, compravo una camicetta, e mi passava tutto.
E oggi?
E oggi mi fa male il ginocchio, a stento sto in piedi, ho questa voce da gobba, eppure la vecchiaia mi ha fatto un gran regalo: il mondo mi piace talmente tanto, tutto mi sembra così bello, che mi dispiacerà non esserci più.
Non ho capito cos’è cambiato allora?
Ma chissà che ha capito lei di questa intervista. Ha parlato solo lei.
Ma che dice?
Non si senta speciale. Non c’è più quasi nessuno, in questo Paese, che capisca quel che dico.