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Amnesty International e i suoi 60 anni di battaglie per vigilare sul rispetto dei diritti umani e denunciarne le violazioni

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA – Per celebrare i 60 anni di attività, Amnesty International Italia rilancia la campagna sui codici identificativi della polizia; pubblica un libro collettivo; promuove Candle in barbed wire, un docufilm prodotto da Rai3 e Blob, in onda su Rai3 il 3 giugno, con filmati di repertorio sulle principali campagne di A.I. e interviste a chi ha collaborato attivamente con l'organizzazione: da Ilaria Cucchi a Erri De Luca, a Moni Ovadia.

Dai ‘prigionieri di coscienza’ contro Salazar a Patrick Zaki. Il 28 maggio 1961 l’avvocato inglese Peter Benenson avviò la prima campagna di A.I. Appello per l’amnistia, per liberare i ‘prigionieri di coscienza’: persone incarcerate per aver espresso le loro opinioni, esercitato il loro credo religioso, promosso i propri diritti. Dopo 60 anni, Amnesty continua a chiedere la scarcerazione dei ‘prigionieri di coscienza’, come lo studente egiziano all’Università di Bologna Patrick Zaki: dal 1961 a oggi, sono oltre 50.000 i ‘prigionieri di coscienza’ che A.I. ha contribuito a liberare, perché vengano difesi i diritti, che non sono oggetto di scambio e non possono essere sottoposti a necessità, o convenienze politiche.

Le lotte del XX secolo. Le battaglie furono concentrate sull’abolizione della tortura sul rispetto delle leggi di guerra. Tra gli anni ‘70 e ‘80, Amnesty intraprese due campagne permanenti: per l’abolizione della tortura e della pena di morte. Quindi, ampliò il percorso includendo, nella definizione di ‘prigionieri di coscienza’, la ‘persecuzione per motivi etnici o di orientamento sessuale’, la lotta per i diritti delle donne, dei rifugiati e per i diritti sociali ed economici. Negli anni ’90, iniziati con l’invasione del Kuwait e terminati con la guerra in Kosovo, AI si impegnò per il rispetto delle leggi di guerra.

Il nuovo millennio. Gli anni 2.000 si aprono puntanto sulla tutela dei diritti contro il terrore di Stato, dopo l’ abbattimento delle Torri Gemelle. La lotta per i diritti umani di Amnesty si fece più dura dal 2001: a luglio, ci furono le violazioni dei diritti umani durante il G8 di Genova; a settembre, l’attentato alle Torri Gemelle di New York. A seguito di quest’ultimo episodio, sembrarono legittimati il terrore di Stato e la tortura, in nome della ‘guerra al terrore’. Il compito di A.I. è stato quello di ribadire che sicurezza e stabilità si ottengono aumentando, non sottraendo i diritti.

La violazione dei diritti umani. L'esigenza di imporre i codici identificativi della polizia, a 20 anni dal G8. I fatti del luglio 2001 a Genova, intanto, avevano già sconvolto un Sistema che si rivelò lontanissimo da quello che si pensava fosse la Democrazia, in Italia: durante il G8, si  contarono un manifestante ucciso, quasi 100 feriti in strada o a seguito del pestaggio alla scuola Diaz, oltre 200 persone trattenute per giorni nella caserma di Bolzaneto, senza contatti esterni e sottoposte a torture. AI chiese alle autorità accertamento della verità e leggi adeguate: introduzione del reato di tortura e previsione di codici alfanumerici identificativi per la polizia. Oggi, AI Italia rilancia la campagna:“Austria Cipro, Olanda e Lussemburgo non hanno ancora una legge sui codici identificativi della polizia - spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia -  ma questi Paesi, a differenza dell’Italia, non hanno avuto una così spropositata violazione dei diritti umani come è accaduto a Genova nel 2001. Riproporre questa campagna a distanza di 20 anni, è per noi una priorità”.

La legge contro la tortura. Dalla ratifica italiana della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (pubblicata nella Gazzetta ufficiale nel 1989), sono passati quasi 28 anni perché fosse introdotta una legge, nel luglio 2017. Manca ancora l’approvazione di una normativa sui codici identificativi delle forze di polizia, in servizio di ordine pubblico, per la quale, a 20 anni dai fatti di Genova, A.I. Italia torna a lottare, rilanciandone la campagna (l’inizio della campagna di Amnesty su questo diritto è qui spiegato.

La sfida di Amnesty International per il futuro. “A.I. è impegnata, dal 28 maggio 2021 e per il futuro - conclude Riccardo Noury - a scongiurare un nuovo rischio di violazione dei diritti sociali, economici, umani, che  potrebbe riguardare l’intero Pianeta: una crisi strutturale a seguito della pandemia. La sfida di Amnesty per gli anni a venire è quella di vigilare su austerità, perdita dei diritti, aumento della povertà. Dobbiamo costruire società nelle quali le differenze economiche e sociali siano ridotte, non acuite. Bisogna garantire cure per tutti. Da oggi, AI chiede vaccini per l’intera popolazione mondiale. Questo, comporta anche la deroga temporanea ai brevetti, per accelerare produzione e distribuzione dei vaccini. La Pandemia ha fatto scempio del diritto alla salute: si è favorita una politica di austerità e di esclusione che hanno ridotto enormemente le capacità di prevenzione e di cura delle persone, nel Pianeta”.

Le celebrazioni dei primi 60. L’anniversario che celebra oggi Amnesty International prevede la pubblicazione dell’antologia Sessant’anni dalla parte dei diritti umani (Infinito Edizioni), con contributi di Alessio Forgione, Angela Caponnetto, Annalisa Camilli, Ascanio Celestini, Caterina Bonvicini, Domenico Starnone, Elena Stancanelli, Fabio Geda, Gian Antonio Stella, Giancarlo De Cataldo, Giuseppe Catozzella, Moni Ovadia, Paola Caridi, Pino Cacucci, Riccardo Noury, Roberto Saviano, l’introduzione è del direttore generale di Amnesty,  Gianni Rufini; l’uscita del libro Finestre sull’ Altrove (Il Saggiatore); 60 tavole dell’artista Matteo Pericoli, accompagnate dal racconto di persone rifugiate, con l’introduzione di Colum McCann; la piantagione di alberi nei giardini e altri luoghi simbolici di varie città; la mostra 60 volti per 60 anni a cura dell’artista Gianluca Costantini. Infine, sulla piattaforma globale Amnesty Academy, sarà disponibile un corso educativo online su “Il diritto di protesta”, pensato per ragazzi dai 16 anni in su, ma anche a universitari e attivisti che vogliano approfondire il tema.

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