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Coraggio, passione (e solitudine) delle 21 Costituenti

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946 la democrazia uscì nella forma di Stato repubblicano, votato a suffragio universale femminile e maschile per la prima volta nella storia del Paese. Contestualmente venne eletta l’Assemblea costituente incaricata di redigere la Costituzione.

La Carta oltre a disegnare una repubblica parlamentare assai articolata, stabiliva princìpi generali innovativi per il Paese non soltanto sul piano dei diritti politici del cittadino, ma anche di quelli sociali, di solidarietà, di tutela della persona, dell’ambiente e del lavoro. L’attuazione della Costituzione avrebbe richiesto l’abolizione di codici e leggi ereditati dal periodo fascista, ma ciò non avvenne.

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Quella italiana era una democrazia bloccata e incompiuta. Nello scenario internazionale, il mutamento determinato dalla guerra fredda e dalla contrapposizione ideologica Est-Ovest congelò l’alternanza democratica delle forze politiche al governo poiché l’Italia esibiva il più importante partito comunista dell’Europa occidentale. La democrazia restò incompiuta a causa del retaggio di norme e di un sistema di valori che la limitavano, anche laddove non vi erano vincoli politici esterni a imbrigliarla.

Fu il caso delle donne, rimaste cittadine di serie B anche se la loro partecipazione alle prime elezioni del dopoguerra superò quella degli uomini. Il voto alle donne era stato concesso il 1 febbraio 1945. L’Italia non era il solo Paese europeo ad averlo accordato in ritardo rispetto alle richieste dei movimenti per il suffragio, ma fu uno degli ultimi poiché occorsero 74 anni dalla prima richiesta di estensione del voto presentata al Parlamento del Regno Unito nel 1871.

Il voto alle donne era stato a lungo ostaggio di codici e leggi che sancivano la loro minorità anche a democrazia conquistata. Nonché di stereotipi e di pregiudizi trasversali ai diversi partiti sul ruolo delle donne nella società e all’interno della famiglia. L’antropologia del Paese le confinava al ruolo di “spose e madri” che, in una società patriarcale, ne impediva l’emancipazione dall’autorità del marito e ne limitava il ruolo economico e nel mondo del lavoro.

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