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partire dai bambini contro gli stereotipi di genere

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

image Angela Speranza Russo si era appena laureata in Legge quando, durante il periodo di pratica in uno studio legale, decise di dedicarsi alla tutela delle donne. Una missione all’interno della professione che tanto aveva sognato.

“Mi ero appena laureata, avevo 25 anni e non ero ancora avvocato ma ho subito creato con delle colleghe una associazione di diritto “in rosa” - racconta la direttrice del Centro Tutela Donne - La mia convinzione è sempre stata: se io informo una donna dei diritti che ha questa può rapportarsi al mondo, agli uomini e a terzi in modo più sicuro e tutelato. In studio assistevo a colloqui in cui le donne temevano di essere accusate di abbandono del tetto coniugale o che non volevano andarsene di casa nonostante le violenze psicologiche subite, donne che non prendevano atto che si trovavano in una situazione ingiusta sul piano umano ma soprattutto giuridico”.

Cosa offriva l’associazione?

Organizzavamo incontri gratuiti settimanali per donne in condizioni di svantaggio. Prima eravamo solo avvocati e poi ci siamo uniti a un team di psicologi.

Una volta diventata avvocato, oltre ad avviare il suo studio, ha proseguito con la sua “missione”…

Mi capitava di ottenere un’ottima sentenza ma alcune donne poi rimanevano devastate sul piano umano, non si rendevano consapevoli. Tre anni fa ho creato Tutela Donne, una struttura più organizzata in cui offriamo alle donne un percorso di accoglienza e psicologico per poi arrivare in caso anche in seguito a rivolgersi a un avvocato. Siamo un gruppo di quattro avvocati e tre psicologi e lavoriamo su Roma e Pescara. Il nostro obiettivo primario è rendere le persone consapevoli che la situazione in cui versano non è normale e potrebbe essere diversa. In un anno abbiamo ricevuto più di 300 donne in difficoltà.

Di cosa si occupa oltre a essere direttrice del centro Tutela Donne?

Ho uno studio legale, mi occupo di diritto famiglia e diritto minorile e di tutto il penale relativo al diritto di famiglia.

La pandemia ha fatto aumentare esponenzialmente le violenze domestiche sulle donne. Gli ultimi dati Istat rivelano che le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza sulle donne e lo stalking, sono aumentate del 79,5% nel corso del 2020: 15.128 contro le 8.427 del 2019. Cosa bisogna fare per invertire la rotta?

Secondo le nostre statistiche interne le chiamate sono diminuite. Purtroppo questo dato non corrisponde a un calo delle violenze. Durante il lockdown c’è stata flessione in negativo delle chiamate e una diminuzione di separazioni e denunce ma, essendo sempre in casa con mariti e compagni, era più difficile denunciare. Inoltre molte donne hanno perso il lavoro e certamente hanno avuto paura di non potersi sostentare autonomamente.

A proposito di differenze di genere: si è sentita in qualche modo penalizzata nella professione?

Quando iniziai la pratica nel penale, andai in carcere con il mio “dominus”: il detenuto mi fece uscire perché non voleva parlare con una donna. L’episodio mi colpì e mi deluse. In seguito, fortunatamente, non ho mai avuto problemi. Al Tribunale di Roma, anzi, la sezione famiglia è tutta al femminile e per lavoro ho sempre incontrato e difeso molte donne.

Cosa occorre fare per superare gli stereotipi di genere?

Serve un cambio generazionale, dobbiamo partire dai bambini, insegnarlo ai nostri figli. E bisogna introdurre il tema nelle scuole, impostando la didattica sul rispetto delle donne e la parità. Bisogna insegnare a rispettare l’altro con le sue differenze culturali, razziali, di orientamento sessuale. In questo la scuola italiana non fa ancora abbastanza.

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