Quei sovranisti un po' più soli
La Commissione europea si erge a garante dei Trattati. Ursula von der Leyen ha promesso ieri che non starà a guardare «quando ci sono zone che vengono dichiarate lgbt free». Ma ci sono volute quaranta procedure d’infrazione di Bruxelles e miriadi di bocciature della Corte di Giustizia europea e innumerevoli risoluzioni e condanne del Parlamento europeo perché finalmente i governi reagissero contro un Paese scivolato da tempo in una deriva autocratica, che scommette tutto sulla censura della comunità lgbt. Il premier ungherese Viktor Orbàn ha dovuto affrontare all’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo l’ira dei suoi colleghi per una legge che equipara ogni menzione lgbt alla pornografia. Ed è cruciale che non si siano mosse solo le istituzioni europee, ma anche i governi. Purtroppo, l’Ungheria non è sola.
La Polonia ha avviato da anni una guerra contro i migranti, le donne e le comunità lgbt. Ha istituito zone lgbt-free, ha bandito l’aborto, ha minacciato di uscire dalla Convenzione di Istanbul che protegge le donne dalle violenze e si prepara a una battaglia ideologica contro il divorzio. Ma il punto è che se non saranno arginate subito le lesioni sistematiche dello Stato di diritto e le violazioni dei diritti umani, l’Ungheria e la Polonia rischiano di essere solo l’inizio.Non è un caso che la recente Carta dei valori sottoscritta da quasi tutta la destra populista europea - e in Italia da Matteo Salvini e Giorgia Meloni - individui la famiglia come “unità fondamentale delle nostre nazioni” e prometta di metterla al centro della propria agenda come “risposta rispetto all’immigrazione di massa”. Il faro, citato espressamente nel manifesto, è il “rispetto dell’eredità giudaico-cristiana dell’Europa”. Un manifesto che si dice nemico di un presunto “iperattivismo moralista” ed è volto a imporre un “monopolio ideologico”.
I motivi della svolta sono chiari. Negli anni scorsi le destre populiste sono state demolite nei loro tentativi di proporre l’uscita dall’euro e il ritorno alle monete nazionali. E anche il tema dei migranti non tira più, a sei anni dalla grande emergenza del 2015. Infine, il Next Generation Eu, espressione di una vera solidarietà europea, ha demolito ogni velleità dei populisti di puntare sul disastro economico post-pandemia.Per costruirsi un orizzonte di recupero del consenso, alle destre non resta che impugnare la clava dei valori più reazionari, mascherati da “eredità giudaico-cristiana” e adottare un’agenda che esiste da anni nei circoli dell’estrema destra europea e americana. E che sta dimostrando straordinari risultati in Ungheria ma soprattutto in Polonia.
Le destre europee, insomma, non hanno fatto altro che assorbire gli obiettivi dell’Agenda Europe, una rete paneuropea estremista cristiana, e quelli dell’americano Congresso mondiale delle famiglie (ospitato notoriamente a Verona nel 2019 da un’entusiasta Lega). Entrambi si scagliano contro i diritti della comunità lgbt, l’aborto, il divorzio in nome di un ritorno alla famiglia “tradizionale”. In Polonia è l’agenda ufficiale del governo, in gran parte già realizzata. In Ungheria lo sta diventando.Infine, la propaganda populista passa anche per il linguaggio, come ci insegna un genio come Viktor Klemperer e come sapevano anzitutto i nazisti. E usa sistematicamente il vittimismo, come sanno brillanti studiosi dei populismi come Cas Mudde. “Gender”, originariamente un termine scientifico per definire gli studi di genere, è diventato da anni una parolaccia nella propaganda populista per definire la difesa dei diritti lgbt. E quando si difendono i diritti umani e quelli delle minoranze come la comunità lgbt, i populisti sviliscono l’interlocutore parlando di “ideologia”. Come se l’attacco alle persone lgbt fosse semplicemente un polo del dibattito e non l’attacco ai valori fondamentali che fondano le società occidentali. Ma il capolavoro del vittimismo populista si raggiunge quando - come accade nella Carta dei valori delle destre firmata anche da Lega e Fratelli d’Italia - si arriva a lamentarsi del “monopolio ideologico”. Che altro non è che la democrazia dei diritti. Se l’Europa la rinnega, rinnega se stessa.