Dee Dee Bridgewater, concerto (con band italiana) alla Casa del Jazz- Corriere.it
«Io non avevo il potere di tante voci. Ma sapevo, come donna, come usare la mia». La guardi, la ascolti. E la veneri, oggi, Dee Dee Bridgewater. Come vocalist è già nella storia del jazz, una delle ladies, sulla scia delle più grandi, Billie, Ella, Sarah… Memphis, classe 1950, Dee Dee ha alzato la voce nell’olimpo della musica afroamericana. Ma anche nella storia delle lotte per i diritti dei neri e la parità di genere. «Sul palco e fuori dal palco», ribadisce, orgogliosamente. Così, quando le parli di Mee Too, la sua credibilità è totale, se ti dice che «il movimento lo sostengo, anche se non lo condivido al 100 per cento. È stato creato da donne più giovani di me. Io ho sperimentato i problemi di cui parlano molti anni prima che qualcuno lo chiamasse Mee Too. E ho scelto di dire no in molte situazioni, da giovane. Anche se questo significava perdere opportunità di lavoro. Ma adesso posso andare a fronte alta, come una donna che non è scesa a compromessi».
Ora la attende una tournée europea. E una band italiana. Sezione ritmica tutta al femminile: Rosa Brunello, contrabbasso e basso elettrico, Evita Polidoro alla batteria. «Dato il periodo, era un problema portare un’intera band dagli States», così quando i suoi agenti le hanno proposto una serie di giovani solisti, «ho osservato, ascoltato il loro sound, chiesto anche una presenza femminile e ora sono contenta di aver scoperto Rosa e Evita, sono il cuore, il motore della band». Il via sabato 10 luglio alla Casa del Jazz. Al piano Enrico Filippini, poi due fiati, Mirco Rubegni alla tromba e Michele Polga al sax.
Non te lo dice direttamente, quanta passione ci mette anche per spingere le nuove generazioni al femminile, ma poi, chiedendole dei prossimi progetti, esce fuori il «The Woodshed Network», una sorta di scuola per aiutare giovani donne nel jazz, sostenere le loro carriere, venti di loro sono appena uscite da questo programma e il Jazz Festival di Detroit l’ha chiamata in settembre per presentarle. Stesso apparente distacco, stessa passione per Black Lives Matter: «È importante manifestare per le questioni razziali. Ma io mi sento vicina alle posizioni delle Black Panters. Avevo collaborato con uno dei loro programmi per garantire pasti ai ragazzi meno fortunati nelle scuole, quando ero più giovane. Sì — ammette — ho avuto la sensazione di aver già fatto il mio dovere, sventolato la bandiera, urlato contro le ingiustizie», tanto che negli ultimi mesi «non ho sentito il bisogno di uscire e marciare, anche perché non sono più così giovane. E con il Covid ho preferito stare a casa. Offrire il mio supporto, morale e finanziario, a distanza. Sono stata sola con me stessa 24 ore al giorno. Una sfida. Ho comunque fatto molte zoom call, live streaming e ho iniziato una nuova carriera come ospite negli show. Nella cerimonia dei Jazz Masters, in Jazz in America in supporto a Joe Biden, al Kennedy Centre, insomma mi sono fatta una reputazione come invitata».
Tornando ai nostri giovani musicisti, «stiamo preparando del materiale inedito, immagino sia una sfida, per me e per loro e sto in qualche modo aspettando di scoprire cosa ne uscirà. Comunque abbiamo in serbo brani di Chick Corea, Stanley Clark, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Thelonious Monk». E al rientro negli Usa? «Non parlo dei progetti finché non si concretizzano. Posso dire che sto lavorando a un progetto sulla musica nera con i migliori musicisti di New Orleans».
9 luglio 2021 | 08:05
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