BUONA DOMENICA Hola Raffa, l'immortale | Oggi Treviso | News
TREVISO - La notizia di un evento - specie luttuoso - si espande a macchia d’olio e alla velocità della luce al tempo dei social. In tempo reale si captano le reazioni e le emozioni, come una cartina di tornasole che restituisce una realtà abitante nell’immaginario collettivo. È successo anche questa settimana appena rimbalzato sul web l’annuncio della dipartita di Raffaella Carrá.
Dispiacere nei commenti a caldo su Facebook e su Instagram. Sgomento, soprattutto. E proprio l’incredulità ha colpito gli osservatori e gli interpreti della società e dei fenomeni di massa. Eppure di rimanere stupiti, a ben vedere, non ci dovrebbe essere ragione plausibile: ci sono figure che segnano, come un fiume carsico, un’epoca. Profili che, sguarniti del tutto di programma politico, si rivelano fautori imprevedibili di autentiche “rivoluzioni silenziose”. Persone che diventano parte stabile degli affetti collettivi e che per questo sono creduti immortali.
La Carrà è stata un po’ (tanto) tutto questo. È stata come una di famiglia all'incirca per cinquant’anni. Negli anni del boom economico, del ‘68 studentesco, della rivoluzione dei costumi, dei diritti delle donne. E c’era negli anni cosiddetti “di piombo” (fu obbligata ad andare in onda la sera del sequestro di Aldo Moro). C’è stata fino all’altro ieri, fermata da una malattia che non ha voluto rivelare, intuendone fino in fondo le ricadute sul suo pubblico, ma per meglio dire su tutta l’Italia. Ha scritto il Presidente della Repubblica Mattarella: “Sono profondamente colpito dalla scomparsa di Raffaella Carrà, un’artista popolare, amata e apprezzata da diverse e numerose generazioni di telespettatori in Italia e all’estero. Volto televisivo per eccellenza ha trasmesso – con la sua bravura e la sua simpatia – un messaggio di eleganza, gentilezza e ottimismo”
Altri hanno asserito che è riuscito più a lei (con il “tuca tuca”, l’ombelico scoperto, i testi delle canzoni) a cambiare i costumi invece di tante leggi, movimenti e rivendicazioni. Forse quello della Carrà era un autentico “brevetto”, magari non replicabile tale e quale ma imitabile. Non spaventava nessuno perché riusciva, come a pochi, di piacere a tutti: scapoli e ammogliati, angeli del focolare e femministe, credenti e laici, nonni e bambini. Con la Carrà ce n’era per tutti i gusti: topo Gigio e maga Maghella, “a far l’amore comincia tu” e in ogni caso come è bello farlo da Trieste in giù. Icona gay e intervistatrice di madre Teresa di Calcutta (che poi diventerà anche santa, ma in tal caso non per merito di Raffa).
Consacrata nello star system, e non solo in quello nazional-popolare. Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, ha twittato: “La sua musica ha reso felici i nostri cuori, il suo spirito libero ha riempito le nostre anime". Perchè la sua era professionalità intessuta di rigore. Un lettore de "Il Corriere della sera" ha scritto ad Aldo Grasso: "Eccelleva nel ballo, nel canto, nella conduzione televisiva. Rivoluzionaria gentile del costume italico, era simbolo della meritocrazia, del lavoro, del sacrificio, della costanza".
Umiltà e la dedizione che solo i grandi professionisti possiedono. “Lasci un vuoto incolmabile” hanno scritto in molti, moltissimi. Lascia anche una testimonianza - che è un esempio - di come si possano e si debbano “trafficare”, onestamente e con profitto, i talenti che ci sono donati.
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