Pensioni, chi ha beneficiato di «Quota 100»?- Corriere.it
Quota 100 è una delle misure simboliche di questa legislatura.
Ha dominato il dibattito politico, inciso sui rapporti fra l’Italia e Bruxelles, pesato sui conti, diviso gli italiani. Ha fatto discutere — lo fa ancora — sulla direzione delle riforme.
Mancava però un tassello essenziale: chi ne ha beneficiato?
Non è mai stato chiaro quali settori della società si siano dimostrati più propensi ad approfittare del provvedimento nei primi due dei suoi tre anni di vita.
Quota 100 permette fra il 2019 e il 2021 di chiedere la pensione con 62 anni di età e almeno 38 anni di contributi, senza penalità sull’assegno. È più vantaggiosa rispetto al modello fissato del 2012, che sposta a 67 anni l’età del ritiro con pieni diritti. Dunque nella misura in cui è finanziata con il debito pubblico e con il sistema retributivo (cioè con i contributi di tutti i lavoratori), Quota 100 diventa di fatto un trasferimento netto di risorse da chi non può o non vuole attivarla a chi invece lo fa.
Ma fra gli italiani chi è che ha ricevuto e chi ha dato? Uno studio dell’Inps su un campione di circa 70 mila aventi diritto permette ora una prima risposta.
In termini distributivi, Quota 100 è stato un sussidio netto ai ceti benestanti (che hanno scelto questa opzione più della media degli aventi diritto).
In termini economici, potrebbe aver nuociuto all’efficienza dei settori essenziali a contatto con il pubblico: è da lì che si è registrato un vero e proprio esodo in piena pandemia.
In termini di parità di genere, è stato un trasferimento netto di risorse dalle donne (che hanno aderito di meno) agli uomini (che hanno aderito di più).
E in termini politici, ha beneficiato più elettori prevalentemente del Partito democratico (pubblico impiego, redditi medio-alti) grazie ai contributi versati dagli elettori prevalentemente della Lega (autonomi, addetti dell’agricoltura). Poco importa che sia stato il partito di Matteo Salvini ad aver proposto la misura.
I redditi più alti hanno beneficiato di Quota 100
Vediamo uno per uno questi aspetti. Varie evidenze non lasciano dubbi su quali siano i ceti che, avendo maturato i diritti, si sono dimostrati più propensi ad attivare il meccanismo. Secondo la stima dell’Istituto di previdenza, i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato entrati in Quota 100 nel 2020 hanno un reddito medio dell’ultimo quinquennio di 36.000 euro (poco di meno nel 2019). Questo livello li colloca circa nel 70esimo percentile della distribuzione, cioè essi dichiarano di guadagnare di più di oltre due terzi dei percettori di reddito in Italia. Non a caso la pensione lorda dei dipendenti pubblici e privati oggi in Quota 100 è relativamente elevata, a 2.200 euro al mese.
L’Inps stima che la probabilità di aderire delle persone che hanno un reddito nella parte medio-alta della distribuzione — fra il 50esimo e il 75esimo percentile dei redditi — sia nettamente superiore a quella delle persone con caratteristiche uguali ma guadagni inferiori. In fondo era ovvio: vanno in pensione prima quelli che possono permetterselo, gli altri no (ma questi ultimi pagano per i primi attraverso le loro tasse e i loro contributi).
L'effetto nell'elettorato
In parte di qui deriva l’effetto nell’elettorato, in proporzione più a favore di chi vota Pd e a svantaggio di chi vota Lega. Non solo perché alle ultime elezioni — le Europee del 2019 — secondo Ipsos i ceti elevati hanno sostenuto i Dem nettamente più della media degli elettori. Conta anche l’effetto sui dipendenti pubblici, più che proporzionalmente elettori del Pd e principali beneficiari di Quota 100: rappresentano il 13,8% dei lavoratori, ma sono il 37% dei cosiddetti “centisti” nel 2020. Dall’altra parte proprio i ceti fra i quali la Lega è particolarmente forte hanno approfittato di Quota 100, pur avendone diritto, meno di tutti gli altri: il 42% degli autonomi ha votato per il partito di Salvini nel 2019 ma l’Inps stima che questa categoria ha una probabilità di aderire alla pensione anticipata del 27% più bassa rispetto ai dipendenti privati. Quanto agli agricoltori — altra categoria a forte insediamento leghista — la loro presenza fra i pensionati “centisti” è la metà del loro peso demografico fra i lavoratori nel Paese.
Sfavorite le donne
Quanto alle donne, a parità di condizioni la loro probabilità di attivare Quota 100 è dell’11% inferiore a quella degli uomini: un distacco davvero elevato, dato che la probabilità media di aderire fra gli aventi diritto è del 44%. Soprattutto nell’anno pandemico 2020 si nota poi un forte esodo di lavoratori impiegati nei settori essenziali (il 51% di tutti i pensionati anticipati), con un marcato aumento anche nei lavori dove lo smart working è impossibile. Chi ha potuto, ha tutelato in primo luogo la propria salute.