Il problema del Molise con l'obiezione di coscienza
Il Molise è la regione con il più alto tasso di medici obiettori di coscienza, cioè che si sottraggono per motivi etici, religiosi o di altro tipo a praticare gli interventi di interruzione volontaria di gravidanza. C’è un’unica struttura dove poter abortire e fino a una settimana fa era in servizio un solo medico non obiettore, Michele Mariano, che lo scorso maggio sarebbe dovuto andare in pensione. L’avviso pubblicato lo scorso aprile dall’azienda sanitaria regionale per assumere un medico non obiettore è andato a vuoto. L’unico modo per garantire l’interruzione volontaria di gravidanza in Molise è stato dunque quello di ritardare il pensionamento di Mariani e di affiancarlo con un’altra ginecologa non obiettrice, per il momento.
Qualche datoSecondo l’ultimo report del ministero della Salute sull’applicazione della legge che in Italia dovrebbe garantire l’accesso all’aborto, la 194 del 1978, nel 2018 ci sono sono state 76.328 interruzioni di gravidanza (IVG). I dati hanno confermato il continuo andamento in diminuzione del fenomeno e le diminuzioni percentuali più marcate ci sono state, tra l’altro, proprio in Molise. Qui però, dice il report, il calo è dovuto soprattutto al fatto che le donne residenti si sono dovute spostare in altre regioni per abortire (oltre il 20 per cento).
In Molise c’è una sola struttura dove si pratica l’IVG e il tasso di obiettori di coscienza è pari al 92,3 per cento tra i ginecologi, al 75 per cento tra gli anestesisti e al 90,9 per cento tra il personale non medico. Complessivamente, la regione è al primo posto per tasso di obiezione.
Michele MarianoMariano ha 69 anni, esegue aborti da 40, e fino a una settimana fa era l’unico ginecologo non obiettore praticante della regione: lavora nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Antonio Cardarelli di Campobasso. Mariano sarebbe potuto andare in pensione lo scorso maggio, ma è rimasto in servizio fino al 31 luglio. Dopodiché l’azienda sanitaria regionale, l’Asrem, gli ha rimandato nuovamente il pensionamento fino al 31 dicembre. Come ha raccontato il Manifesto:
«Lo stratagemma utilizzato per non perdere Mariano è legato alla pandemia: l’azienda sanitaria regionale ha potuto rinviare due volte la pensione dell’unico non obiettore sulla base delle direttive ministeriali che consentono di “trattenere in servizio i dirigenti medici anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza”. Nei “livelli essenziali di assistenza” che vanno garantiti rientra anche l’interruzione volontaria di gravidanza: per questo Mariano resterà in corsia fino a dicembre, quando poi però assai difficilmente sarà possibile accedere a una terza deroga»
Lo scorso aprile, l’Asrem aveva bandito un concorso per un posto a tempo determinato da ginecologo non obiettore di coscienza, aperto anche ai medici specialisti del terzo anno: ma alla scadenza del bando, la settimana scorsa, non si è presentato nessuno. Verrà ora organizzato un secondo concorso che, a quanto scrivono alcuni giornali, sarà per un’assunzione a tempo indeterminato (e con la speranza che, dopo l’assunzione, il medico non cambi idea e diventi obiettore).
Nel frattempo, dal 21 luglio, l’Azienda sanitaria ha comunque assegnato al dipartimento di IVG la ginecologa non obiettrice Giovanna Gerardi, che lavorava già al Cardarelli, ma in reparto e senza praticare IVG, e che ora affiancherà Mariano per garantire l’applicazione della 194.
Perché?L’obiezione di coscienza è la possibilità di sottrarsi ad alcuni obblighi di legge per motivi etici o religiosi. In campo medico sono previste diverse forme di sottrazione alla legge. La prima, in ordine temporale, riguarda proprio l’interruzione volontaria di gravidanza che venne introdotta in Italia da una legge nel maggio del 1978 (la 194). E prevede uno specifico articolo per garantire l’obiezione, il numero 9:
«Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione».
Nella legge ci sono poi altre indicazioni: l’obiezione di coscienza può essere revocata, lo status di obiettore non esonera dall’assistenza antecedente e conseguente alla procedura vera e propria di interruzione e non può essere invocato quando il proprio intervento «è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo». Si dice poi che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute «in ogni caso ad assicurare» che l’IVG si possa svolgere. L’obiezione legale deve cioè riguardare il singolo e non l’intera struttura. Le regioni, dice la norma, devono controllare e garantire l’attuazione del diritto all’aborto «anche attraverso la mobilità del personale». La 194 prevede poi un’ipotesi di decadenza dall’obiezione: impone in pratica al medico obiettore che ha praticato un aborto di non esercitare più l’obiezione.
Ci sono vari motivi per cui i medici si dichiarano obiettori, che semplificando possono essere riassunti nelle ragioni religiose o in quelle più legate alla professione: alcuni medici sono obiettori perché gli interventi di interruzione di gravidanza sono operazioni poco complesse, di routine, e quindi sono considerate da molti poco gratificanti. Negli ospedali con molti obiettori, poi, i medici che accettano di praticarle sono spesso costretti a farne un gran numero o a ridursi a fare solo quello per compensare al lavoro che non viene svolto dai colleghi. Il fenomeno è evidente anche dai dati del ministero: la media nazionale di interruzioni volontarie di gravidanza praticate dai medici non obiettori è di 1,2 a settimana, ma in alcune strutture questo numero può arrivare a 8, 9 e addirittura a 14.
In campo medico, chi sceglie la disobbedienza professionale non ha né doveri specifici (come di dichiarare la propria posizione o essere inserito in un albo apposito) né detrazioni salariali. I dati sull’obiezione alle interruzioni di gravidanza in Italia descrivono un fenomeno diffuso, con conseguenze concrete sulla salute e sui diritti riproduttivi delle donne. Emergono poi disuguaglianze a seconda del luogo di residenza e dello stato socio-economico. In certe aree, insomma, la 194 non viene applicata regolarmente o con facilità di accesso.
Come ha spiegato Mariano in un’intervista a Repubblica, «chi fa aborti non fa carriera: trovatemi un primario che ne faccia. In Italia c’è la Chiesa, e finché ci sarà il Vaticano che detta legge questo problema ci sarà sempre».