Diritti civili, dialogo tra Gedda e F1 - Formula 1
È impossibile non sottolineare come l’accordo tra la Formula 1 e l’Arabia Saudita per il Gran Premio di Gedda contrasti con quanto emerge dalla cronaca internazionale, le inchieste Onu e i report di Amnesty International. Secondo quest’ultima, le autorità saudite reprimono i diritti umani, silenziano ogni oppositore politico e incarcera chi difende i diritti delle donne. Dinamiche che non devono essere assecondate nel mondo dello sport, tantomeno in una Federazione che ha lanciato una campagna come la #WeRaceAsOne, che vuole combattere ogni barriera all’ingresso nel mondo della Formula 1. Con il suo uomo più rappresentativo, Lewis Hamilton, che ha molto a cuore le tematiche sociali riguardanti i diritti civili.
L’accordo tra la Formula 1 e l’Arabia Saudita è di dieci anni, ed è bene chiarirsi a stretto giro di posta sulle incoerenze più evidenti. Ecco perché il promotore del Gran Premio – nonché presidente della Federazione automobilistica e motociclistica dell’Arabia Saudita -, il principe Khalid Bin Sultan Al Faisal, ha detto che sarebbe felice di discutere di questi temi con i piloti: “Ho incontrato a Silverstone diversi piloti, di cui non farò i nomi, ma tra questi non c’era Lewis Hamilton. Ho affrontato le loro preoccupazioni e ho parlato con loro apertamente. Ho detto loro che da parte mia non avrebbero ricevuto alcun tipo di informazione, ma che avrebbero potuto giudicare da soli“, ha detto in videoconferenza ai giornalisti. “Potrei dire qualsiasi cosa sul mio paese, ma è meglio se vengono loro di persona a incontrare la gente del posto, così possono formarsi una loro opinione. Oppure possono chiedere a chi è stato qui per la Formula E o per la Dakar: loro si saranno sicuramente fatti un’idea. Per conto nostro siamo fiduciosi sui nostri progressi e non abbiamo problemi a discuterne. Poi mi piacerebbe parlare anche con Lewis o con i media, da persona normale“.