"La legge Zan elimina l’istigazione all’odio: è giusta e attesa da 20 anni"
Domenica 1° agosto a Marina di Grosseto arriva il senatore Simone Pillon, invitato dalla Lega e dall'associazione di estrema destra La Deceris. Pillon, come è noto, è radicalmente contrario al disegno di legge Zan contro l'omotransfobia, e parlerà proprio di questo argomento, con il collega di scranno William De Vecchis, con Jacopo Coghe, vicepresidente dell'associazione Pro vita&famiglia, e con Gino Tornusciolo, consigliere comunale della Lega. Contro le posizioni di Pillon e della Lega e a favore della legge Zan si schiera la Rete delle donne di Grosseto, formata da: associazione Raccontincontri/Libreria delle ragazze, associazione Rosa Parks - Centro culturale protestante, associazione Elsa Morante, Centro antiviolenza Olympia de Gouges, Centro Donna, Collettivo Queer Grosseto, Commissione delle politiche di genere di Follonica, Commissione politica di genere Cgil. Questo il loro intervento.
Su fondo nero, il viso di un giovane con la bocca tappata da un cerotto con i colori dell’arcobaleno. Non può parlare, è il messaggio che ci arriva forte e duro. Le scritte chiariscono il concetto: ddl Zan, il pericolo di pensare, il pericolo di parlare. È il manifesto che annuncia la presenza a Marina di Grosseto, il 1° agosto, del senatore Simone Pillon, in compagnia del consigliere comunale Gino Tornusciolo, della Lega, e di Jacopo Coche, vicepresidente di Pro vita & famiglia.
È stato quando abbiamo visto questo manifesto che ci siamo dette: dobbiamo dire qualcosa. Presentare il Ddl Zan come un’operazione che ha lo scopo di limitare la libertà di espressione, di “chiudere la bocca”, è una falsificazione della realtà a fini politici ed elettorali. Il degrado attuale della politica porta ognuno a piantare la propria bandierina. Il risultato è che si spaventano i cittadini, e si divide il paese in fazioni contrapposte.Il nostro punto di vista – come Rete delle donne – ha una diversa sensibilità, e infatti fra di noi esistono posizioni differenziate, anche sullo stesso Ddl Zan (poteva essere scritto meglio? per esempio), su cui ci confrontiamo, perché per noi è fondamentale accettare le differenze.
Ma un punto resta fermo: è una legge che si pone l’obiettivo di prevenire, contenere ed eliminare l’istigazione all’odio, e oggi più che mai ne sentiamo l’urgenza, assistendo quasi quotidianamente a manifestazioni di intolleranza e discriminazione verso chi è diverso. Su questa legge si è fatta spesso una cattiva informazione, alimentando la confusione nella testa delle persone.
Il Ddl Zan non intende introdurre censure o imprecisate “ideologie”, ma rafforzare una cultura dell’uguaglianza e dei diritti. La discussione sul testo è stata costellata da mesi di dibattiti viziati da fake news e da polemiche spesso pretestuose.
Si è parlato di utero in affitto, di teoria del gender come un vangelo, di preadolescenti riempiti di ormoni e indirizzati a cambiar sesso, di trans che rubano il posto alle donne negli sport e nelle toilette… Non neghiamo che questi temi esistono, tutt’altro – e la discussione nel femminismo è molto vivace – temi che sono frutto della contemporaneità e dello sviluppo biotecnologico, ma non riguardano direttamente un disegno di legge che aspettiamo da più di vent’anni e che vuole soltanto salvaguardare i diritti delle persone più deboli, ampliando lo spettro di una legge già esistente, la legge Mancino. Niente colpo di mano giuridico e tanto meno politico quindi, ma un adeguamento alle leggi che esistono nei paesi europei più avanzati, e che è richiesto dall’Unione europea.
La Legge Zan non si occupa di percorsi di transizione di genere, per questi c’è già la legge 164/82, invece specifica che l’identità di genere rientra tra le condizioni personali che potrebbero essere oggetto di violenza e discriminazione.
Ed è importante evidenziare che il concetto di identità di genere è già presente nella legislazione italiana, europea e nella giurisprudenza, si tratta quindi di rafforzarne e specificarne la presenza per tutelare una parte della popolazione in condizioni di forte fragilità.
Vogliamo aggiungere un’altra considerazione per noi fondamentale. Abbiamo detto che come associazioni di donne siamo aperte al confronto e alle differenze, perché siamo nate in un corpo di donna e sappiamo bene quanto ci è costato nel corso della storia un posizionamento diverso nel mondo e quanto c’è ancora da scoprire e portare avanti. Per questo qualsiasi presa di posizione per la conquista di titolarità di diritti e per la libera espressione di ogni orientamento, nel pieno riconoscimento del diritto ed espressione dell’altro, ci vede partecipi e solidali. Non dimentichiamo i diritti calpestati delle minoranze e di tutte quelle parti che definite “deboli”, vengono di fatto private di ciò che la nostra Costituzione, nell’articolo 3, prevede e di cui si fa garante.
Sappiamo anche che la violenza quotidiana subita da persone queer, trans e non binarie difficilmente viene a galla proprio perché denunciarla significa esporsi nuovamente ad essa. Ma sappiamo anche che chi si sta opponendo a questa legge di questa violenza è complice. Negare che esistano forme di violenza indirizzate contro le persone Lgbt significa legittimare che migliaia di persone siano oppresse e precarizzate più intensamente delle persone eteronormate.
Così come non possiamo cancellare quello che si è ottenuto nei processi educativi, riconosciuto con la proposta della “Giornata per il contrasto all’omolesbobitransfobia, alla misoginia e all’abilismo”. La scuola deve essere il luogo dove vengono abbattute le barriere di genere, classe, razza, orientamento sessuale. Solo così si potrà contrastare l’omolesbobitransfobia e non limitarsi a punirla.
Per prenderci cura delle nostre vite, e per non respirare più quest’aria satura di odio che da troppo tempo ci avvelena, lanciamo la proposta di promuovere incontri per favorire dei momenti di scambio e di arricchimento reciproco, in barba a qualsiasi forma di violenta contrapposizione. —
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