Dottoressa uccisa a Teramo, suicida lo stalker ricercato per il delitto. Gabrielli: "Questa storia per noi è una sconfitta"
E’ stato trovato morto nella sua abitazione l’uomo ricercato per l’omicidio di Ester Pasqualoni, l’oncologa uccisa alla fine del suo turno nel parcheggio dell’ospedale in cui lavorava, a Sant’Omero (Teramo). A dare la notizia è il Centro, giornale dell’Abruzzo. Si chiamava Enrico Di Luca, aveva 65 anni, era di Martinsicuro ed era un ex investigatore privato. Soprattutto aveva una Peugeot che è l’auto che è stata vista allontanarsi subito dopo che la dottoressa era stata trovata esanime nel parcheggio. L’auto era stata poi trovata nel parcheggio condominiale dello stabile in cui Di Luca viveva. L’ex investigatore si è tolto la vita probabilmente subito dopo l’omicidio.
Ester Pasqualoni, 53 anni e due figlie, vedova da qualche anno, è stata uccisa a colpi di roncola, alla gola e alla nuca, nel parcheggio dell’ospedale di Sant’Omero. Era appena uscita dal lavoro (era responsabile del day hospital nel reparto di oncologia) e si stava avviando alla macchina per tornare a casa. Nelle ultime settimane aveva presentato almeno una denuncia per stalking. Di Luca era figlio di un suo paziente. Anni fa, scrive sempre il Centro, gli aveva dato anche un incarico. Due testimoni hanno indirizzato le indagini su Di Luca, racconta il giornale abruzzese: entrambi erano affacciati a finestre delle palazzine dell’ospedale. Uno dei due ha notato allontanarsi un uomo calvo e corpulento e un’auto bianca (come la Peugeot). Altre due persone, invece, hanno dato l’allarme dopo aver visto il corpo della dottoressa a terra esanime. Uno ha chiamato i carabinieri, l’altra – una dipendente Asl – ha chiesto aiuto al pronto soccorso.
“Per noi questa vicenda è sicuramente una grande sconfitta” dice il capo della polizia Franco Gabrielli. A margine del convegno “La vittima al centro” alla Scuola Superiore di Polizia, ha aggiunto che vicende come queste “sono un imperativo e una sollecitazione a tenerle sempre e comunque nel debito conto” perché “le vittime devono essere i soggetti primari della nostra attività, soprattutto nei reati di genere“. Gabrielli ha ricordato che “oggi ci sono strumenti come l’ammonimento, l’allontanamento, che prima non c’erano” ma che “in alcune situazioni, come quella nel Teramano, non sono stati sufficienti”. “Purtroppo – ha aggiunto Gabrielli – questo può accadere. Questi comportamenti hanno una gamma di modalità di che può portare anche a situazioni tragiche ma non è che possiamo incarcerare tutti gli stalker“.
Il prefetto Gabrielli ha comunque sottolineato l’importanza della denuncia: “L’unico strumento perché le forze di polizia, la magistratura siano in grado di poter adeguatamente intervenire”. Ed infine ha esortato alla prevenzione “soprattutto di natura culturale”. “Io credo che ancora un passo significativo su questo versante debba essere fatto”. “Fino a che ancora molti maschi considerano le donne come oggetto, come proprietà – ha concluso – questo inevitabilmente dà luogo a queste situazioni. Quindi la repressione è importante, l’attenzione alla vittima è fondamentale ma anche il contesto sociale, che a volte è molto subdolo e molto pervasivo, e anche dove si immagina che a parole i diritti delle donne siano riconosciuti, nei comportamenti questo non lo è”.