A teramo - La dottoressa uccisa dallo stalker: il presunto killer si è ucciso | italia
Teramo - È stato trovato morto suicida in un appartamento di Martinsicuro (Teramo) l’uomo che avrebbe accoltellato a morte l’oncologa Ester Pasqualoni, 53 anni, di Teramo, uccisa ieri pomeriggio davanti all’ospedale locale.
Sono in corso verifiche. Secondo quanto riferito finora dagli investigatori, dovrebbe trattarsi di uno stalker, «una persona che dava fastidio alla vittima».
Secondo quanto appreso da fonti investigative si chiamava Enrico Di Luca e aveva 69 anni: sembra fosse un ex investigatore privato, sempre secondo le stesse fonti. In base alle prime informazioni, l’uomo si sarebbe strangolato con una fascetta di plastica ed è stato trovato in un appartamento di uno stabile di case di mare in cui aveva abitato nel passato ma dove sarebbe entrato violando la proprietà , forse usando un passepartout.
La donna aveva presentato un esposto Da quanto si apprende da fonti investigative, a differenza di quanto emerso in un primo momento la donna aveva presentato non una denuncia ma un esposto, il 24 gennaio 2014, al commissariato di Atri (Teramo). Esposto al quale erano seguiti degli approfondimenti e il successivo ammonimento, il 30 gennaio dello stesso anno, da parte del Questore. All’uomo, in seguito all’ammonimento, era anche stato ritirato il porto d’armi.
Da quel gennaio, la donna si era poi nuovamente rivolta alle Forze dell’ordine ad aprile 2014 quando, trovandosi a camminare per Roseto degli Abruzzi, dove risiedeva, aveva chiamato i carabinieri segnalando che l’uomo era passato con l’auto e sembrava la stesse riprendendo. A quel punto, proprio a fronte dell’esistenza del provvedimento di ammonimento, i carabinieri di Roseto avevano fermato l’uomo, sequestrandogli la telecamera che aveva in macchina, e mandato un fascicolo in Procura.
Dopo la convalida del sequestro, chiesta dal pm di turno, il fascicolo era passato ad un altro sostituto procuratore che, sulla scorta di ulteriori accertamenti e anche della visione dei filmati della telecamera sequestrata, aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo. Richiesta di archiviazione che era stata comunicata anche alla parte offesa che avrebbe fatto, tramite il suo legale, richiesta di accesso agli atti ma nessuna richiesta di opposizione all’archiviazione. Dopo l’archiviazione del fascicolo da parte del gip, secondo quanto si è potuto apprendere, nessuna altra denuncia sarebbe arrivata sui tavoli delle Forze dell’ordine. Il provvedimento di ammonimento era ancora in corso, non essendo mai stato revocato.
Gabrielli: «Non possiamo incarcerare tutti gli stalker»
«Per noi questa vicenda è sicuramente una grande sconfitta». Così il capo della Polizia Franco Gabrielli ha parlato dell’omicidio della dottoressa accoltellata davanti all’ospedale di Sant’Omero, in provincia di Teramo, da uno stalker che la vittima aveva denunciato due volte e che l’ha perseguitata per anni.
Gabrielli ha aggiunto che vicende come queste: «sono un imperativo e una sollecitazione a tenerle sempre e comunque nel debito conto» perché «le vittime devono essere i soggetti primari della nostra attività , soprattutto nei reati di genere». Il prefetto ha ricordato che «oggi ci sono strumenti come l’ammonimento, l’allontanamento, che prima non c’erano» ma che «in alcune situazioni, come quella nel teramano, non sono stati sufficienti».
«Purtroppo - ha aggiunto Gabrielli - questo può accadere. Questi comportamenti hanno una gamma di modalità di che può portare anche a situazioni tragiche ma non è che possiamo incarcerare tutti gli stalker». Il prefetto Gabrielli ha comunque sottolineato l’importanza della denuncia: «l’unico strumento perché le forze di polizia, la magistratura siano in grado di poter adeguatamente intervenire».
Ed infine ha esortato alla prevenzione «soprattutto di natura culturale». «Io credo che ancora un passo significativo su questo versante debba essere fatto». «Fino a che ancora molti maschi considerano le donne come oggetto, come proprietà - ha concluso - questo inevitabilmente dà luogo a queste situazioni. Quindi la repressione è importante, l’attenzione alla vittima è fondamentale ma anche il contesto sociale, che a volte è molto subdolo e molto pervasivo, e anche dove si immagina che a parole i diritti delle donne siano riconosciuti, nei comportamenti questo non lo è».
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