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Donne e uomini abbandonati a se stessi, un'approfondita riflessione sulla vicenda dello stalker in Abruzzo

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Su Repubblica di venerdì 23 giugno 2017, le ultime righe dell'articolo dell'inviata del giornale, Cristina Nadotti, recitano:

Il capo della polizia, Franco Gabrielli, dice che "la vicenda è una sconfitta per tutti' e che 'serve una prevenzione soprattutto di natura culturale". A uccidere Ester è stata anche la convinzione che la violenza di Di Luca fosse un fatto personale e non, come dice Gabrielli "il frutto di un contesto sociale che non riconosce i diritti delle donne".

Un passo che mi induce ai seguenti, inderogabili chiarimenti. Certamente abbiamo necessità di una prevenzione culturale, ma risulta altrettanto necessario cosa debba intendersi con tale terminologia o più specificatamente di quali fattori essa debba corroborarsi nel difficile cammino verso una vera "civiltà sociale". Questi fattori sono molteplici, ma l'accadimento specifico mi autorizza a specificarne intanto, oggi uno, poiché importante, non trascurabile, se non altro per il suo valore percentuale estremamente elevato nel determinismo di efferati fatti delittuosi, oltreché spesso suicidari. È necessario iniziare a specificare che gli studi psichiatrici psicodinamici e psicologici hanno sufficientemente chiarito che la personalità dello stalker, con elevata frequenza è connotata da seri disturbi di personalità con tratti psicotici o tendenti comunque anche a momentanei screzi o acting-out di marca psicotica.

Per quanto riguarda il Sig. Enrico Di Luca e per quanto su di lui riferito, si può ragionevolmente supporre che il suo fatale e progressivo sviluppo nel "ruolo" di stalker rispetto alla sua povera vittima, la dottoressa Ester Pasqualoni, si sia sicuramente delineato a partire da una condizione dichiaratamente psicopatologica, come sopra accennato che è in questi casi, che ovviamente nessuno oggi può essere in grado di diagnosticare più specificatamente, ma che solitamente può oscillare nella popolazione degli stalker, ad esempio, da una posizione delirante "erotomanica" (convinzione assurda di essere amati e desiderati anche sessualmente), sino ad una più generica o meglio definibile posizione psicopatologica corrispondente a un esagerato investimento affettivo rispetto al presunto "oggetto" d'amore-vittima.

Il ragionevole rifiuto della vittima induce, come è in questo caso, una disperazione che sicuramente sfocia, a giudicare dalle drammatiche conclusioni avvenute, in una gravissima depressione maggiore, psicotica che, quando è tale, può sconfinare nell'omicidio-suicidio e come spesso registriamo in altri frequentissimi fatti di cronica, sempre per l'appunto per gravi condizioni depressive, connesse ad altre problematiche e ad altre vicende esistenziali. Allora quando l'avv. Giulia Bongiorno, nell'intervista su Repubblica, sostiene:

Le donne muoiono uccise dagli stalker perché lo Stato le tradisce. Prima le convinciamo a denunciare i persecutori, poi le segnalazioni non vengono prese sul serio, vengono archiviate e loro restano sole

Conviene per concorrere ad un vero e completo sviluppo culturale, completare il discorso delle verità e concludere, correggendo, che giorni fa, in Abruzzo, in realtà una donna ed un uomo sono rimasti soli e che l'uomo era un paziente psichiatrico assolutamente da nessuno considerato nella sua "follia". Alle segnalazioni e alle denunce dei persecutori, come in questo caso, sempre dovrebbero seguire precise segnalazioni, da parte degli organi di pubblica sicurezza, ai servizi di Salute Mentale preposti su tutto il territorio nazionale alla prevenzione oltre che alla cura di qualsiasi disagio mentale.

Spesso se manca, su un piano generale, una prevenzione di natura culturale, questo dipende dall'avvio di processi di conoscenza parziali, indotti da processi di rimozione, da una ignoranza difensiva rispetto ad una pericolosa presa di coscienza che comporterebbe l'orrore-timore di riconoscere in noi stessi, in dinamica speculare, le distorsioni pulsionali ed affettive degli altri, diventando allora facile declinare verso la fabbricazione di una semplice ed ingenua cultura che non diffonderà mai, quando necessaria, vera e necessaria prevenzione . Mi auguro di favorire in molti profonde riflessioni.

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