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A che gioco giochiamo? Le pari opportunità si costruiscono dall’infanzia

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

di Alessia Giudici.

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Basta percorrere il corridoio dedicato ai giochi, di un qualsiasi centro commerciale, per accorgersi di come nei colori, nelle forme e nel visual, i prodotti dedicati alle bambine e ai bambini siano profondamente diversi. Un tripudio di sfumature rosa, animali dai grandi occhi, cuoricini e stelline da un lato, ruote, asfalto, blu, grigio e tanta azione, dall’altro. Non è solo la grafica di una confezione a fare la differenza: molti sono i messaggi e le conseguenze di una politica di genere portata avanti a partire dalla più tenera età. I giochi sono parte fondamentale dello sviluppo sociale e cognitivo del bambino e dovrebbero veicolare una rappresentazione del genere neutrale, varia, basata sulle qualità intrinseche del giocattolo e non da una prospettiva di genere. Tuttavia non sempre questo concetto viene preso in considerazione, anzi. Uno studio spagnolo[1] ha analizzato gli spot televisivi, in periodo natalizio, durante il triennio 2009-2012, dedicati ai giocattoli. La percentuale di personaggi maschili protagonisti è risultata superiore a quella femminile. Gli spot dedicati a veicoli e action figures sono risultati ampiamente associati a personaggi maschili, che veicolano valori come competizione, individualismo , abilità, sviluppo fisico, creatività, potere e forza. Dall’altra parte, quelli associati all’universo femminile delle  bambole e degli accessori sono risultati bellezza, seduzione, maternità e amicizia. Persistono differenze molto accentuate nella rappresentazione dei bambini basate sul genere: sull’uso dei giochi, sull’ambiente e sulla socializzazione che ne deriva.

Gli spot, ad esempio, risultano in gran parte ambientati  in scenari d’interno per bambine ed all’esterno per i maschi. Le bambine risultano maggiormente concentrate sulla loro bellezza e sulla seduzione, mentre i maschietti sulla forza e sul potere. A questo punto è legittimo domandarsi se, effettivamente, il condizionamento imposto dal “genere” dei giochi, si riverberi poi anche sull’atteggiamento che i piccoli riprodurranno nella vita adulta. Ad esempio, se privare le bambine, facendo anche in modo che per loro risultino meno appetibili, giochi tecnici e di logica, abbia una qualche influenza sul loro modo di partecipare a materie di studio più tecniche, come ad esempio, l’ingegneria. Una risposta l’ha data Debbie Sterling, fondatrice della neonata piccola azienda di Oakland, in California, diventata un fenomeno social grazie allo spot di Goldiebox, moderno Meccano per bambine: nei primi quattro giorni è stato cliccato da 6 milioni e 400 mila persone. La fondatrice non nasconde certo lo scopo della sua azienda: “Vogliamo che le ragazzine comincino a usare un po’ di piu’ il loro cervello”. In molti si stanno lentamente convincendo che la tendenza femminile ad evitare i lavori a maggior contenuto tecnologico e a ricercare quelli di “accadimento” non sia semplicemente una attitudine naturale, ma anzi sia un risultato di un modello culturale dominante imposto sin dall’infanzia. La crescente convinzione che i modelli appresi nel gioco vengano poi evoluti in comportamenti una volta adulti, si spinge anche oltre l’aspetto lavorativo. Pinkstinks[2], un progetto sociale inglese, sostiene infatti che a “Pinkification” plasmerebbe il modo in cui le bambine giudicano se stesse, facendo passare per dominante il “desiderio di essere desiderate” e per i bambini, spingerebbe ad una iper-mascolinizzazione e ad un distorto modo di valutare le loro amiche femminucce.

La questione del genere del gioco per bambini sta rapidamente assumendo dimensioni importanti, tanto che diversi attori commerciali hanno iniziato a rivedere l’assetto dei loro spazi commerciali e dei loro prodotti per ridurre le differenze tra bambine e bambini. Nel luglio 2012, il colosso inglese Harrods ha inaugurato, nel suo enorme store londinese il Toy Kingdom, il primo spazio che raggruppa i giocattoli il base alle loro caratteristiche invece che in base al genere maschile o femminile. Il gruppo svedese Leklust si è spinto ancora oltre, inserendo nel suo catalogo “neutro” immagini di bambini e bambine che giocano indifferentemente con i prodotti proposti. Certo, ad una prima occhiata, vedere un bambino che culla una bambola o una bambina che è intenta a utilizzare un fucile giocattolo crea una certa confusione, a conferma che veramente esistono ruoli stereotipati nei quali gli adulti, più o meno volontariamente, spingono i piccoli. Pur valorizzando le differenze tra i sessi è importante cercare di non perpetrare diseguaglianze possono limitare la possibilità di espressione delle proprie vocazioni e di sviluppo di una sana individualità nei piccoli in crescita.


 

[1] Esther Martinez, M.Angel Nicolas, Alvaro Salas – La rapresentacion de genero en las campañas de publicidad de juguetes en Navidades (2009-2012)

[2] http://www.pinkstinks.org.uk/

 

 iMille.org – Direttore Raoul Minetti

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