Donne islamiche: cento anni fa in congresso a Kazan per i loro diritti
Donna velata davanti a una moschea di Kazan, capitale della Repubblica tatara, che fa parte della Federazione russa (foto Valeria Palumbo)
Alla fine dell’Ottocento, sull’onda di un movimento di riforma che coinvolgeva tutto l’Impero russo, ma in particolare seguendo le orme del riformismo islamico delle élites tatare di Kazan, un gruppo di donne di grande coraggio e cultura, Magruy Barudiya, Magruy Muzaffariya, Lyabiba Khusainiya, Fatikha Aitova aprirono le prime scuole per ragazze. Musulmane. Quella di Fatikha Aitova, nel 1916, fu trasformata in un ginnasio femminile. E fu il primo ginnasio tataro di tutta la Russia. Non a caso: lo jadidismo, il movimento cioè di riforma dell’Islam nei territori russi e centro-asiatici (il nome viene da usul-i jadid, “nuovo metodo”), metteva l’emancipazione delle donne ai primi posti del programma. Tanto che, dal 24 al 27 aprile 1917, a Kazan, si tenne il Primo congresso delle donne musulmane. Era da poco scoppiata (a febbraio) la rivoluzione menscevica che aveva spazzato via il regime dello zar e indetto elezioni a suffragio universale, maschile e femminile. Le islamiche più avvertite sentirono l’esigenza di mettere nero su bianco le loro rivendicazioni. Oggi, quella straordinaria stagione è ricordata nel museo della moschea Qol-Shärif di Kazan, capitale della Repubblica del Tatarstan (una delle 22 repubbliche della Federazione russa).
L’Università di Kazan (foto di Valeria Palumbo).
Contro la poligamia
Durante il Congresso di Kazan, più che del voto (pare perché le delegate lo dessero già per acquisito, come in effetti fu anche per tutto il periodo sovietico), le 300 partecipanti affrontarono l’uguaglianza dei sessi, l’abolizione della poligamia, il divieto di pagare un prezzo per la sposa, il diritto delle donne al divorzio e altri temi sociali. Alcune sostenevano che il Corano già permettesse l’emancipazione femminile: dipendeva da come veniva interpretato. Altre ritenevano che andasse riletto secondo un’ottica moderna e storicista. Altre, che avrebbero assunto anche ruoli di rilievo sotto il regime sovietico, come la giovane poetessa Zahida Burnasheva (1895-1977, nome d’arte Iffat Tutash), assunsero un atteggiamento sempre più laico. In fondo non a caso proprio a Kazan il giovane Lenin si era fatto espellere dall’Università per le sue idee rivoluzionarie: sotto lo zar, la città si era distinta per i suoi movimenti progressisti.
La moschea di Nurullah, a Kazan, in Tatarstan.
La Dichiarazione dei diritti delle donne musulmane
Le istanze delle donne, come abbiamo detto, erano molto sentite da un gruppo di scrittori e intellettuali riformisti. Addirittura alcuni di loro scelsero pseudonimi femminili per attrarre maggiore attenzione sulla questione. Per esempio Galiasker Gafurov (Chygtai) pubblicò nel 1905 il suo romanzo epistolare, Tutam, Mia zia, con il nome di Galima. Ma soprattutto le rivendicazioni emerse alla conferenza di Kazan furono portate al Congresso generale islamico di Mosca, dall’1 all’11 maggio 1917, che raccoglieva le rappresentanze musulmane di tutto l’ex-impero. Per la prima volta, tra i mille partecipanti, c’erano anche 200 donne. Non solo, ma benché il fronte maschile fosse molto più articolato e le istanze progressiste erano frenate dai kadimisti (seguaci del “vecchio metodo”), i dieci punti della Dichiarazione dei diritti delle donne musulmane, già stilata a Kazan, furono approvati. Altri due punti, proposti da Fatima Tutash Qulahmedova, furono accettati con una lieve modifica. Recitavano: 1. Le donne musulmane devono avere esattamente gli stessi diritti politici e di cittadinanza degli uomini. 2. La poligamia è disumana e ingiusta; perciò dovrebbe essere abolita.
La statua del giovane Lenin davanti all’Università di Kazan (foto di Valeria Palumbo).
Mentre cominciava l’emancipazione, arrivarono le purghe di Stalin
Il riconoscimento della Dichiarazione di Kazan, che oggi fa bella mostra di sé nel museo della moschea Qol-Shärif (che a sua volta sorge nel Cremlino della città tatara accanto alla Cattedrale, come volle Caterina II), è anche merito del fatto che le delegate a Mosca presero la parola. Si trattava di un evento inedito: Fatima Tutash Qulahmedova e Raziya Sulaymanova insistettero sul diritto delle donne all’elettorato attivo e passivo. Amina Muhyiddinova si permise di sostenere che alcuni principi del Corano erano superati. Dietro di loro, certo, non si coagulavano masse di donne, ma le città tatare e alcune capitali degli Stati musulmani centro-asiatici cominciavano a ospitare donne mai viste: nubili, divorziate, dottoresse ( la prima fu Razia Kutluyarova), cantanti (celeberrima Maryam Iskanderova), scienziate e matematiche (come Sarah Sokolova). La prima donna-giudice islamica (qadi), Mukhlisa Bubi-Nigmatullina, fu poi uccisa nel 1937 durante le purghe di Stalin.
La rivista islamica femminista “Söyembikä”, fondata nel 1913, dal nome di un’eroina tatara.
Che cosa resta del femminismo islamico del 1917?
Di quella stagione, che il regime sovietico ha dirottato verso una laicizzazione a passi forzati (chissà che invece un processo riformista non avrebbe dato frutti più duraturi e allargati) resta di sicuro la “diversità” dell’islamismo tataro. Però, in barba ai 70 anni di comunismo e alle politiche anti-integraliste di Putin, ma soprattutto in accordo con la progressiva radicalizzazione di alcune fasce delle popolazioni musulmane caucasiche e centro-asiatiche, anche a Kazan il clima appare mutato. Nella moschea Qol-Shärif si impongono alle donne codici di vestiario meno severi di molte chiese ortodosse (che, oltre al velo, pretendono gonne lunghe e non ammettono i pantaloni). E per strada le musulmane declinano in modo molto personale l’indicazione di coprire i capelli (molte portano piccoli turbanti). Ma i veli e gli abiti lunghi affollano la città. Certo, in Russia le donne fanno da un secolo tutti i mestieri possibili e questo non è mutato. Resta, poi, di quel 1917, anche la dichiarazione del l’imam, storico, giornalista e docente Hadi Atlasi (1876-1938): «Le musulmane sono le donne più oppresse al mondo... Noi uomini diamo loro il tormento per tutta la vita imprigionandole in casa. Le nostre donne non hanno diritti. Sono le serve degli uomini e lavorano in cambio di nulla... Diamo loro i loro diritti. In passato eravamo tutti schiavi dei russi e le nostre donne erano anche nostre schiave. Ora siamo liberi dai russi. Da adesso in poi tocca a noi liberare le nostre donne ». Fu fucilato durante le purghe di Stalin.
La dichiarazione dei diritti delle donne musulmane, stilata a Kazan nel 1917.
28 agosto 2017 (modifica il 28 agosto 2017 | 23:26)
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