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Libri | “Ragazze elettriche”, intervista a Naomi Alderman

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Cosa succederebbe se le donne potessero uccidere chi le molesta con il semplice tocco delle punte delle dita? Come cambierebbe la vita degli uomini se le donne acquisissero una forza letale, di gran lunga superiore alla loro?  La scrittrice britannica Naomi Alderman ha provato a immaginarlo nel romanzo “Ragazze elettriche”, pubblicato in Italia il 31 agosto scorso dalla casa editrice nottetempo (titolo originale The Power).

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Alderman segue le vicende di quattro personaggi in ambienti sociali, politici e culturali differenti. In comune, per tutti, il ribaltamento delle gerarchie di potere tra uomini e donne, provocato da una mutazione genetica che consente alle adolescenti di “fulminare” chiunque a piacimento.

Nella storia di Alderman, le donne arrivano in breve a violentare, seviziare e uccidere gli uomini proprio come prima questi facevano con loro. Si tratta della prova che le donne non sarebbero migliori degli uomini, se avessero nelle loro mani il potere? TPI lo ha chiesto all’autrice del fortunato romanzo, i cui diritti sono già stati acquistati per dare vita a una serie televisiva.

Naomi, il tuo ultimo romanzo è influenzato dall’opera di Margaret Atwood e in particolare da Il racconto dell’ancella, da cui è stata tratta di recente la serie tv. In generale, il tema del ruolo delle donne è diventato centrale negli ultimi tempi. Qual è, secondo te, la ragione per cui abbiamo ancora bisogno di interrogarci su questo argomento? Qual è l’influenza dello scenario internazionale, ad esempio con l’elezione di Donald Trump, su questo trend?

Penso che stesse già iniziando da prima di Trump, anche se lui ha fatto sì che la questione diventasse ancora più urgente. C’è stata una sequenza di “ondate” femministe dall’inizio del Ventesimo secolo. Ogni generazione di donne ha le sue conquiste, e poi c’è un contraccolpo, un ritirarsi su sé stesse, un periodo di convalescenza in cui tutto sembra latente.

E poi la nuova generazione di giovani donne si guarda intorno e pensa: “Aspetta, ma questo non è ancora giusto”. E così ci rimettiamo a lavoro. No, non è ancora giusto. In un milione di modi diversi. Per certi versi non è giusto nemmeno per gli uomini, sia chiaro.

Ci sono pretese terribili nei confronti delle ragazze e dei ragazzi dal momento in cui vengono alla luce, basate esclusivamente sulle caratteristiche dei loro genitali. Chiunque veda il mondo chiaramente può notare che questo deve cambiare, puramente per un senso umano di giustizia.

Il “potere” porta una rivoluzione nel mondo intero, proprio a partire da paesi in cui i diritti delle donne sono oppressi. Ma invece di trasformare il mondo in un posto con meno vittime, il romanzo mostra che questo potere crea nuove vittime e nuovi oppressori. È la prova che le donne non sono meglio degli uomini? Il potere diventa inevitabilmente una causa di degrado morale per tutti?

Non so se un romanzo possa “provare” qualcosa. Non è un documentario. In realtà, è un esperimento del pensiero. È un invito rivolto ai lettori, affinché si chiedano se sono d’accordo con il fatto che le donne non userebbero il loro potere fisico in un modo migliore rispetto agli uomini… ma neanche in modo peggiore. Forse non sono d’accordo. Va bene. Penso che un romanzo sia parte di una conversazione, non l’ultima parola.

Ma secondo me sì. Penso che il potere abbia sempre la possibilità di corrompere. Non tutti soccombono, alcuni imparano come usarlo. Ma quella possibilità è sempre lì.

 Perché hai scelto l’elettricità per dare un’idea di potere che può uccidere qualcuno a piacimento? Si tratta di una metafora dell’energia pure che le donne possono sprigionare?

Mi sembrava potesse funzionare per molte ragioni differenti. È un potere che esiste realmente negli animali che si sono evoluti sul nostro pianeta – alcuni pesci come le anguille e razze possono davvero provocare elettroshock mortali per gli esseri umani.

Così ho potuto cercare come funziona nella realtà, e questo ha dato al romanzo una sensazione di “fondatezza”.

Non sembra comico, come sarebbe stato ad esempio attribuire alle donne muscoli enormi. È un potere che più che altro provoca dolore, piuttosto che essere utile – perché volevo isolare ed esaminare le conseguenze di una capacità fisica superiore a quella degli uomini per violenza ma  senza includere, ad esempio, l’utilità di poter trasportare carichi pesanti.

I lettori possono decidere da soli di che tipo di metafora si tratta.

Una volta hai scritto che nulla di ciò che nel libro accade a un uomo, non sta accadendo ad una donna proprio adesso. Dobbiamo aspettare che arrivi una mutazione genetica affinché questo cambi?

Se la pensassi così, non avrei scritto un romanzo. Io credo nel potere del dialogo, del pensiero e delle idee che cambiano il mondo. È stato in grado di fare miracoli per la rivoluzione femminista, senza creare violenza o spargimento di sangue.

Ciò che spero è che il romanzo introduca negli uomini l’idea di ciò che significherebbe essere soggetti a questo tipo di violenza fisica… e che capire questo aiuti a cambiare la loro mente e i loro cuori.

Sei anche una creatrice di videogame, questo è utile per visualizzare ciò che hai descritto nel libro? Qual è il ruolo culturale dei videgiochi e il loro ruolo nel processo di immaginazione della società?

Creare videogiochi mi ha senza dubbio aiutata a capire quando una storia ha un “gancio” – che è ciò che ti spinge a continuare a legge e sperimentare la storia.

Questo è davvero utile a rendere accessibile quello che essenzialmente è un pezzo di teoria femminista.

Il ruolo culturale dei videogame potrebbe essere riassunto al meglio sottolineando che sono la prima vera forma d’arte postmoderna – una forma che non esiste senza la presenza di un pubblico che metta in atto il lavoro.

Sono la logica conclusione della “morte dell’autore”; il lavoro è creato insieme dal pubblico e dal creatore, non calato dall’alto da un autore simile a un dio. A chi interessa questo tema vorrei raccomandare la lettura degli scritti di Paolo Pedercini sui vari significati dei videogiochi.

Il tuo libro si interroga su cosa sia il potere, come possa essere acquisito e come esso ti trasforma quando lo acquisisci. Ti sei anche chiesta cosa ti attribuisce il “diritto” di avere potere e quali sono le tue responsabilità quando ce l’hai?

Penso che nel libro alcuni personaggi lottano per utilizzare bene il loro potere.

Senza voler fare “spoiler” – aver conosciuto una vita senza quel particolare potere aiuta, penso, a capire come possa essere utilizzato in modo improprio e poi a usarlo in modo positivo. Come possiamo garantirci di trovare un buon leader, qualcuno che eserciti bene il potere? Non ho una risposta su questo. Ma possiamo vedere cosa non funziona – quelli che beneficiano del proprio potere saranno sempre portati alla corruzione. E se iniziassimo facendo rinunciare i nostri politici a tutti i loro beni mondani e li facessimo vivere per il resto della loro vita con una pensione statale – generosa ma non troppo generosa? Poi vedremo chi di loro lo fa perché vuole realmente vivere una vita di servizio pubblico e chi invece è lì perché spera di utilizzare la sua posizione per arricchirsi.

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