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Foto: i 10 ritratti che raccontano il 2019

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Con il 2019 stiamo per salutare anche la seconda decade del millennio.

Lungi da noi voler tracciare bilanci: è ancora prematuro, ma soprattutto è compito degli storici. Dal canto nostro, ci limitiamo qui a mostrarvi 10 ritratti che raccontano 10 tra le storie che più hanno segnato l'anno che volge al termine.

Dopo un anno di Guaidó, Maduro è ancora al potere

In Venezuela, il 2019 è cominciato con l'irruzione sulla scena politica nazionale e mondiale di Juan Guaidó, presidente dell'Assemblea Nazionale, che ha fatto appello al suo popolo per sollevarsi contro la "dittatura bolivariana". La sua chiamata alla rivolta, sostenuta da gran parte della comunità internazionale, non ha però sortito l'effetto voluto: lo stallo politico ha finora premiato Maduro, ancora al timone del paese mentre milioni di venezuelani hanno attraversato il confine in cerca di un futuro migliore in Brasile e Colombia. A maggio, Guaidó ha forzato la mano, forte dell'appoggio del leader dell'opposizione scarcerato, Leopoldo López, ma senza il pieno appoggio dei militari, e così quello che Maduro ha definito "golpe" è fallito.

Fatima in ospedale, in Yemen

Fatima Ibrahim Hadi, 12 anni: malnutrita, pesa appena 10kg. In questa fotografia posa davanti ad un letto d'ospedale ad Aslam, nella provincia nord-occidentale di Hajjah, in Yemen. Si stima che il conflitto tra la coalizione a guida saudita e i ribelli Houti, appoggiati dall'Iran, abbia provocato la morte di oltre 90mila persone dal 2015 ad oggi e lo sfollamento di 2 milioni di yemeniti. Oltre 22 milioni di uomini, donne e bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria. I più piccoli sono tra le principali vittime. Molti paesi europei, tra i quali spiccano Francia e Italia, alimentano la guerra nello Yemen vendendo armi all'Arabia Saudita. Armi che verranno usate da oppure contro i bambini. Le organizzazioni per i diritti umani chiedono all'UE di fare pressioni per fermare il massacro.

Jacinda Ardern in preghiera con la comunità islamica

Dopo l'attentato di Christchurch, la prima ministra neozelandese - che è stata anche tra le candidate al premio Nobel per la pace - ha pregato assieme alla comunità islamica locale fuori dalla moschea di Al-Noor, in Hagley Park. Era il 22 marzo 2019, l'attentatore - un suprematista bianco che ha pubblicato online un manifesto e si è filmato mentre sparava - ha ucciso 51 persone e ne ha ferite altre 40.

Il bambino in fuga dal Califfato islamico

Un ragazzino in fila per gli aiuti umanitari dopo aver lasciato Baghouz, l'ultima roccaforte dello Stato islamico, il 5 marzo 2019. Quest'anno ha segnato la sconfitta ufficiosa dell'Isis, l'uccisione del leader Al-Baghdadi ma anche la fuga dei miliziani integralisti, dei loro familiari e dei foreign fighters dalle prigioni curde dopo l'attacco sferrato nel nord del paese dalla Turchia.

Il Kashmir isolato dal mondo

Un uomo kashmiri con la testa coperta da filo spinato assiste ad una protesta dopo le preghiere del venerdì, a seguito del ritiro dello status costituzionale speciale per il Kashmir da parte del governo indiano. Siamo a Srinagar, l'11 ottobre 2019. In agosto, l’India ha revocato i privilegi speciali all’unico stato della federazione indiana a maggioranza musulmana, che da tempo è uno dei principali terreni di scontro con il vicino Pakistan. Jammu e Kashmir non potranno più legiferare autonomamente e sono state imposte severe restrizioni alla libertà di movimento, di assembramento e di opinione. Il presidente indiano, Narendra Modi, ha imposto il coprifuoco e il blackout totale delle telecomunicazioni, gettando la regione nel totale isolamento, e in Pakistan è esplosa la rabbia nei confronti dell’India.

La riscossa del calcio femminile incarnata da Megan Rapinoe

Dopo aver trascinato la sua nazionale alla conquista della Coppa del Mondo femminile di calcio in Francia, l'attaccante e attivista per i diritti LGBT, Megan Rapinoe, è stata la seconda vincitrice del Ballon d'or della storia (dopo la norvegese Ada Hegerberg). Migliore realizzatrice della competizione con sei reti, la capitana degli USA è una delle voci più ascoltate in difesa dei diritti delle minoranze nell'America di Donald Trump. L'edizione transalpina della kermesse di football ha battuto ogni record, sintomo di un'attenzione crescente nei confronti del movimento calcistico - a dispetto di una sostanziale diseguaglianza di trattamento economico e di una parità di genere ancora lontana dall'essere raggiunta. Basti pensare che le calciatrici italiane di Serie A non sono ancora considerate professioniste.

Julian Assange ce la farà?

Venuta meno la protezione dell'Ecuador, la polizia britannica ha arrestato Julian Assange, fondatore di Wikileaks, facendo irruzione nell'ambasciata del paese sudamericano dove viveva dal 2012. Un lungo isolamento che ha avuto effetti profondi sulla salute dell'hacker. Assange è stato inizialmente condannato a 50 settimane di detenzione per violazione delle condizioni di libertà provvisoria e gli USA ne hanno chiesto l'estradizione. A febbraio ci sarà la prima udienza. Nel frattempo, la Svezia ha archiviato le indagini per stupro e molestie sessuali - accuse che il 48enne ha sempre negato. Oltre 60 medici di diverse nazionalità hanno inviato una lettera avvertendo che Assange ha bisogno di cure urgenti per problemi fisici e psicologici, altrimenti potrebbe morire in prigione.

Lacrime di Brexit

Il Regno Unito doveva uscire dall'Unione europea a marzo, anzi no, a ottobre. E ad oggi vi è ancora dentro con tutte le scarpe. Dopo infiniti dibattiti, negoziati, ribaltoni e richieste di rinvio, a pagare il prezzo politico di una Brexit mai consumata è stata finora l'ex premier Theresa May, che ha passato il testimone al nuovo leader Tory, Boris Johnson. L'ex sindaco di Londra ora si gioca tutto alle urne contro il suo acerrimo rivale, il laburista Jeremy Corbyn. La posta in gioco, come da tre anni a questa parte, è sempre la più alta: un costoso divorzio da Bruxelles.

L'Amazzonia in fumo, una pessima notizia per l'umanità

In questa foto Pedro Mura, della tribù indigena dei Mura, mentre cerca di proteggere la sua terra, in un'area a rischio deforestazione e incendi. Siamo vicino a Humaita, nella parte occidentale della foresta pluviale amazzonica. Dopo i devastanti incendi dell'estate, si allunga la scia di sangue che attraversa l'Amazzonia decimando le tribù indigene impegnate a proteggere la foresta dai taglialegna illegali. A novembre, Paulo Paulino Guajajara, un guerriero della omonima tribù del nord del Brasile, è stato ucciso in un agguato teso da un gruppo di disboscatori fuori legge. Secondo il Guardian sono circa 80 i "guardiani dell'Amazzonia" ad aver trovato la morte per mano dei taglialegna dal 2000.

La Cina sfidata a Hong-Kong

Domenica scorsa è stato solo l'ultimo atto, con oltre 800mila persone in piazza nella prima manifestazione autorizzata da agosto. A Hong Kong, milioni di persone hanno trascorso il 2019 in piazza per chiedere il ritiro della legge sull'estradizione in Cina e più democrazia. Nella foto, agenti in assetto anti-sommossa arrestano una donna alla stazione dello Sha Tin Mass Transit (MTR) il 25 settembre scorso. Oltre 5mila persone sono state detenute dalle autorità da quando sono iniziate le proteste, nel giugno scorso.

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