Somalia, il paese delle donne cucitevuole abolire le mutilazioni genitali
Passi avanti in Somalia in tema di diritti delle donne. Il primo ministro Omar Abdirashid Ali Sharmarke ha sottoscritto una petizione nell’ambito di una campagna per chiedere l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili (MGF), terribile pratica che nel Corno d’Africa rimane una vera e propria piaga, con il 90/95 per cento delle donne che l’ha subita anche in tenerissima età. La campagna è stata lanciata dell’attivista Ifrah Ahmed, lei stessa mutilata, la quale assieme alla ministra delle politiche femminili Sahra Samatar ha redatto la proposta di legge.
Il 98% delle donne somale ha subito tale barbarie, tanto che un antropologo francese, Leonce de Villeneuve, ha definito la Somalia «le pays des femmes cousues», il paese delle donne cucite.
Molti credono ancora che le mutilazioni genitali femminili siano un norma religiosa islamica: spesso sono addirittura le nonne e le madri a volerle per le loro bambine. Se una donna non viene mutilata è considerata impura dalla società perché ha dei desideri sessuali, che invece le mutilazioni inibiscono, e non trova marito. Una mutilazione genitale mal riuscita può essere addirittura una causa di divorzio, secondo la sharia.
Vogliamo tuttavia ricordare che tale pratica è pre-islamica e non la subiscono solo donne musulmane, bensì anche donne cristiane ed animiste. Erodoto (V secolo a.C.) documenta che questa era già in voga ai tempi tra egizi, ittiti, fenici ed etiopi. Strabone (I sec. a.C.), Sorano d’Efeso (II sec. d.C.), Ezio di Amida (V/VI sec. d.C.) rendono noto che a Roma e ad Atene venivano «infibulate» con una spilla (fibula) le mogli dei soldati che partivano per le campagne militari, in modo da impedire loro, in assenza dei mariti, eventuali relazioni extraconiugali. Lo stesso subivano le schiave per evitare gravidanze e che rendessero di meno nelle loro mansioni. Alle mogli dei crociati che partivano per la Terra Santa, invece, venne imposta la cintura di castità.
In ambito islamico soltanto un hadit di Maometto di dubbia autenticità parla delle mutilazioni genitali femminili: lì il profeta dell’islam raccomanderebbe di tagliare «leggermente» la punta del clitoride, facendo uscire «solo» sette gocce di sangue. Questo è il primo tipo di mutilazione, quello meno invasivo, individuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): la circoncisione o infibulazione al-Sunna, ciò eseguita secondo la Sunna – la raccolta degli hadit, i fatti e i detti di Maometto –.
Poi ve ne sono altri tre tipi: il secondo è l’escissione del clitoride al-wasat, che prevede l’asportazione del clitoride ed il taglio totale o parziale delle piccole labbra; il terzo è l’infibulazione propriamente detta – definita anche circoncisione faraonica o sudanese –, che prevede l’asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto soltanto un foro per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale,. Infine, il quarto tipo di mutilazione comprende punture, perforazioni o incisioni del clitoride o delle labbra; allungamento per trazione del clitoride o delle labbra; cauterizzazione mediante bruciatura del clitoride e del tessuto circostante; abrasione del tessuto intorno all’orifizio vaginale o incisione della vagina; introduzione in vagina di sostanze corrosive o vegetali allo scopo di provocare sanguinamento o restringimenti della vagina stessa.
Queste pratiche sono fisicamente e psicologicamente devastanti per la donna: per esempio causano emorragie, infezioni alle vie urinarie, incontinenza, trasmissione dell’HIV e difficoltà nel parto. Si arriva persino alla morte di colei che le subisce o del bambino.
Le mutilazioni genitali sono illegali in 24 Stati africani, da ultimo in Nigeria – dove il 1° giugno 2015 l’ex presidente Goodluck Jonathan ha firmato un disegno di legge che stabilisce per il nuovo reato una pena fino a quattro anni di carcere e una multa pari a 900 euro – ed il Gambia – il cui presidente Yahya Jammeh ha annunciato il divieto delle mutilazioni il 28 dicembre 2015; divieto che è stato approvato con larga maggioranza dall’Assemblea Nazionale. Per chi continuerà a praticarle, sono previsti reclusione fino a tre anni e un’ammenda di 1200 euro, pari a quattro volte il salario medio nel paese –.
IL DOCUWEB
Mutilazioni genitali. Cosa non sappiamo di un rito da cancellaredi Emanuela Zuccalà