Io iraniana, fiera di quelle foto di uomini col velo
Alcuni uomini iraniani hanno indossato negli ultimi tempi l’hijab come simbolo della loro opposizione all’obbligo del velo. Poco dopo la rivoluzione del 1979, «l’hijab islamico» divenne obbligatorio per le donne e, da più di 37 anni, ha complicato la vita delle iraniane. Non solo ha ridotto il loro diritto a scegliere l’abbigliamento da indossare, ma le ha anche limitate in vari modi. Il velo obbligatorio è diventato un fattore di controllo sulle donne, ed è diventato anche una questione politica enorme di cui persino le attiviste dei diritti delle donne raramente parlano, dando la priorità invece ad altre questioni come il divorzio, la custodia dei figli, l’eredità, il prezzo del sangue pari a quello degli uomini, il valore della loro testimonianza, eccetera.
La campagna
Le donne si sono abituate all’hijab, considerandolo una parte della loro vita. In realtà, sono giunte a un compromesso con il velo come pure con tutte le altre questioni che le riguardano, ma non sono soddisfatte. In risposta alla campagna «My Stealthy Freedom» che invita gli iraniani ad appoggiare le donne dicendo «no» al velo obbligatorio, gli uomini hanno indossato l’hijab e pubblicato le proprie foto. Questo movimento simbolico sta giocando un ruolo chiave nella sfida al velo obbligatorio in Iran. L’Iran è una società patriarcale dove diverse leggi discriminatorie hanno alterato le tradizioni per bloccare i diritti delle donne.
Uomini al fianco delle donne: un precedente
La Costituzione iraniana non considera le donne come creature indipendenti: tutti i diritti sono loro attribuiti in quanto madri o mogli. Dal momento che le leggi discriminatorie sono sempre dirette contro le donne, gli uomini solitamente non partecipano alle loro battaglie per i diritti e l’uguaglianza femminile. Ma c’è stata una presenza maschile al fianco delle donne a partire dalla «Campagna di un milione di firme», fondata nel 2006 per aumentare la consapevolezza della società sulle leggi che discriminano le iraniane e per chiedere al parlamento di abolirle. All’interno della Campagna, c’era un Comitato maschile che aveva il compito di informare altri uomini e di chiedere loro di affiancare le donne nella loro lotta contro le regole.
«Sottomesso» e «cornuto»
Nella cultura e letteratura iraniana, gli uomini che credono nell’uguaglianza e nei diritti delle donne sono stati spesso disprezzati e umiliati. L’uomo che rispetta la sua compagna viene definito «sottomesso alla moglie» (Zan Zalil) e l’uomo che non controlla il modo in cui la moglie si veste o si trucca viene chiamato «cornuto» (Bi-Gheirat). Il governo ha anche usato l’hijab come uno strumento per mettere in dubbio la mascolinità e l’onore di questi uomini di fronte alla società. Si è raccontato che Abolhassan Bani Sadr, il primo presidente dell’Iran dopo la rivoluzione, indossò l’hijab per scappare dal Paese. Questa storia viene riferita per denigrarlo. Durante le proteste in seguito alle elezioni presidenziali del 2009, una foto di Majid Tavakkoli, attivista studentesco che indossava l’hijab mentre fuggiva dall’università, fu usata per umiliare lui, in particolare, e il movimento studentesco, in generale. Allo stesso modo, uomini sotto accusa sono spesso state definiti «delinquenti» e fatti apparire con il velo in pubblico in segno di disprezzo. Ma stavolta un gruppo di uomini iraniani ha indossato volutamente l’hijab per appoggiare le figlie, le madri e le mogli contro una legge che vessa metà della popolazione, contro un obbligo sistematico che discrimina le donne iraniane.
Il problema principale?
Alcuni credono che questo movimento non risolverà la situazione, dato che l’hijab non è il problema principale delle donne iraniane. Ma come possono dirlo? L’hijab influenza la vita di metà della popolazione. Se alle donne davvero non importasse di dover sottostare a quest’obbligo, allora perché avrebbero sfidato il governo proprio su questo tema per gli ultimi 37 anni? Perché non si vestono come il governo ordina loro di fare? Perché il governo spende tutti questi soldi per diffondere «l’hijab islamico», e condannando quello che viene chiamato «abbigliamento non islamico»? Senza dubbio il velo obbligatorio è un problema centrale delle donne iraniane. Allo stesso tempo, il governo ha bisogno di salvare la propria «immagine islamica» attraverso le donne velate. Le donne con il velo islamico obbligatorio sono forse l’unico aspetto che distingue l’Iran da altri Paesi; a parte questo, quale sarebbe la differenza tra Teheran e le altre città moderne nel mondo? Secondo la Costituzione iraniana, la «famiglia» è una istituzione fondamentale della società islamica e le donne musulmane sono al centro del benessere della nazione islamica. Ma la donna iraniana ha sempre cercato un’identità indipendente e di conseguenza pari diritti rispetto agli uomini della sua terra.
La forza del movimento
Il risultato degli sforzi maschili contro le discriminazioni delle donne, incluso il velo obbligatorio, è che le loro voci degli uomini sono diventate parte del movimento. Non si tratta di un’azione improvvisa, di uno scherzo, di una forma di intrattenimento. E’ un appello a favore delle donne iraniane, che viene sentito dall’altra metà della società e convertito in un simbolo esteriore. Certamente, il fatto che questi movimenti continuino dimostra la maturità intellettuale della società iraniana e dei suoi uomini, che hanno saputo guardare al di là della falsa umiliazione culturale per raggiungere un obiettivo più alto. Indossando il velo sul capo, distruggono la santità di un’icona auto-imposta dicendo: anche noi ci opponiamo a quest’obbligo.
(traduzione di Viviana Mazza)
6 settembre 2016 (modifica il 7 settembre 2016 | 07:33)
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