L’ultimo affondo di Erdogan contro i diritti politici in Turchia
Nonostante la pandemia e la crisi economica, la battaglia del presidente Recep Tayyip Erdogan contro la minoranza curda e i diritti civili non si ferma. Il 21 giugno la Corte costituzionale turca ha accolto la richiesta della procura generale della Cassazione di Ankara per l’apertura di un procedimento per la messa al bando del partito filo-curdo Hdp. L’accusa mossa alla seconda forza di opposizione del Paese è di aver agito come braccio politico del Pkk – organizzazione classificata come terroristica da Turchia, Usa e Ue – e di aver messo in pericolo «l’integrità indivisibile dello Stato e della Nazione». Tutte accuse che l’Hdp ha sempre negato ma che periodicamente Erdogan e i suoi alleati usano per screditare l’opposizione, facendo leva sul sentimento nazionalista dei propri sostenitori.
Adesso il partito filo-curdo dovrà presentare la propria memoria difensiva, sulla base della quale i giudici della Corte potranno decidere se procedere allo scioglimento dell’Hdp e se interdire dall’attività politica per 5 anni i suoi 451 dirigenti. In quel caso, verrebbe loro impedito di fondare, dirigere, o anche solo aderire ad altri partiti, infliggendo così un duro colpo al movimento di opposizione.
L’Hdp, con 55 seggi e 6 milioni di sostenitori, è il terzo partito in Parlamento e la sua alleanza alle passate elezioni amministrative con il repubblicano Chp ha messo in difficoltà Erdogan, che si è visto sottrarre tre delle maggiori città della Turchia. La perdita di consensi e la crescita dell’opposizione sono tra le motivazioni alla base della campagna di repressione che il presidente turco porta avanti contro la minoranza curda. In mancanza di una maggioranza in Parlamento, Erdogan ha sempre più bisogno di Devlet Bahcali, leader del partito Mhp, ed è quindi costretto ad assecondarne le politiche ultranazionaliste e anti-curde.
Dall’altra parte, lo scioglimento dell’Hdp indebolirebbe il fronte dell’opposizione, che se unito ha buone probabilità di vittoria nelle prossime elezioni presidenziali del 2023. Ad oggi, secondo i sondaggi, Erdogan dovrebbe fare i conti con il successo riscosso da ben tre figure: il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu (Chp), il primo cittadino di Ankara Mansur Yavaş (Chp), e la leader dell’İYİ Parti, Meral Akşener. Uno scenario che il presidente è ben intenzionato a scongiurare.
I curdiMa lo scioglimento dell’Hdp sarebbe solo l’ultimo di una lunga serie di provvedimenti presi contro il partito filo-curdo. Erdogan ha spesso accostato nei suoi discorsi l’Hdp al Pkk e la stampa vicina al presidente ha avviato una martellante campagna mediatica contro la minoranza curda, alimentando l’avversione di una parte della popolazione nei suoi confronti. A ciò si aggiunge anche la repressione giudiziaria messa in campo sempre dietro pressioni del presidente e che ha portato all’arresto di più di 4mila membri dell’Hdp, compresi parlamentari e sindaci, e costretto altri centinaia di politici ed attivisti curdi a lasciare il Paese.
In questi stessi giorni 108 politici curdi devono anche fare i conti con un secondo processo per aver partecipato alle proteste dell’ottobre 2014 nel sud-est della Turchia contro l’isolamento imposto dalla Turchia alla città siriana di Kobane, simbolo della lotta all’Isis e al tempo sotto assedio. Sotto accusa sono finiti anche i co-leader dell’Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, già in carcere da più di 4 anni.
Ma la campagna anti-curda ha portato anche a un aumento dell’odio nei confronti di questa minoranza e all’aumento del sentimento nazionalista, come dimostra l’omicidio di Deniz Poyraz, avvenuto pochi giorni prima della sentenza della Corte costituzionale. La giovane è stata uccisa con tre colpi di pistola da Onur Gencer, esponente del movimento ultranazionalista dei Lupi Grigi, nella sede dell’Hpd di Izmir, dove si sarebbe dovuta tenere un’assemblea pubblica degli esponenti del partito. «Sono entrato nel palazzo perché odio il PKK e ho sparato a caso», è stato ciò che Gencer ha dichiarato agli agenti dopo essere stato arrestato, a dimostrazione degli effetti della campagna di screditamento dell’Hdp e del suo costante accostamento con il Partito dei lavoratori del Kurdistan.
L’Ue e la TurchiaLa messa al bando dell’Hdp e il crescente nazionalismo mettono in pericolo anche il rispetto dei diritti e delle libertà politiche dei cittadini turchi, che solo pochi mesi fa hanno dovuto dire addio alle protezioni offerte dalla Convenzione di Istanbul. Tutti elementi su cui l’Ue ha più volte richiamato all’ordine la Turchia, ma senza realmente esercitare un potere coercitivo. Erdogan infatti ha minacciato di aprire i confini turchi in caso di deterioramento dei rapporti con l’Ue, mettendo sotto scacco la politica estera comunitaria.
Proprio in questi giorni, tra l’altro, si sta procedendo con il rinnovo dell’accordo con la Turchia per la gestione dei migranti: dei 79,5 miliardi stanziati dalla Commissione europea per il Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument, almeno sei andranno infatti ad Ankara affinché continui a bloccare gli arrivi in Europa attraverso la rotta balcanica. Il tutto mentre i diritti umani e politici in Turchia subiscono un altro duro colpo.
«Le istituzioni Ue hanno espresso le loro preoccupazioni» in relazione a quanto sta accadendo nel Paese anatolico «ma ciò non basta a fermare Erdogan. L’Ue deve decidere con quale partner vuole relazionarsi in Turchia», spiega a Linkiesta Devriş Çimen, rappresentante dell’Hdp in Europa. «Democrazia, diritti umani, libertà, pace, ecologia e diritti delle donne sono le idee dell’Hdp e riflettono i valori stessi dell’Ue. Questi valori però sono minacciati da Erdogan. L’Unione discute spesso delle politiche di Orban, quindi perché non fare lo stesso con la Turchia dato che si tratta di un Paese candidato ad entrare nell’Ue e con cui ha una stretta relazione?».