Ecuador, la legge criminalizza l’aborto e viola il diritto alla salute e alla vita di migliaia di donne
ROMA - In Ecuador, se vuoi abortire non puoi farlo. Se ci provi, rischi l’umiliazione, l’abuso di potere e il carcere. Lo afferma Human Rights Watch (Hrw) in un report pubblicato oggi, “Perché vogliono farmi soffrire ancora? L’impatto delle azioni penali contro l’aborto”, che prende in esame 148 testimonianze di donne, ragazze, personale sanitario o coniugi puniti per aver favorito pratiche abortive tra il 2009 e il 2019. È illegale, ma è una pratica diffusa: nel 2019 ne sono stati praticati 5927, poco meno di mille in via legale.
Abortire in Ecuador è un crimine. Un crimine che può comportare fino a due anni di reclusione per le donne che lo praticano, e da uno a tre anni per il personale sanitario che esegue la procedura. Ci sono delle eccezioni: i casi di stupro e i casi di pericolo di vita per la gestante. Sono conquiste abbastanza recenti, e questo fa sperare in un’ulteriore apertura. Tuttavia, come riporta HRW, la situazione per migliaia di donne e ragazze è di grave pericolo.
Il Movimento Verde. Il 28 aprile 2021 è arrivata la decriminalizzazione per l’aborto in caso di stupro: una vittoria importante, votata dalla Corte Costituzionale ecuadoregna in dialogo con le associazioni femministe del Paese, il cosiddetto “movimento verde”, così chiamato per via dei fazzoletti verdi indossati dalle manifestanti. Un movimento transnazionale, che nella vicina Argentina ha portato a legalizzare le pratiche abortive fino alla quattordicesima settimana di gravidanza. Il 28 giugno l’Ufficio per la difesa dei diritti della cittadinanza ha presentato una nuova legge all’Assemblea Nazionale, a seguito della votazione di aprile. La partita è ancora aperta.
Violenza di genere. Le accuse e i procedimenti penali contro chi pratica l’aborto hanno un impatto negativo non solo sulle donne che vogliono terminare una gravidanza indesiderata, ma anche su coloro che sperimentano emergenze ostetriche, aborti spontanei o che richiedono cure post-natali urgenti. “La criminalizzazione dell’aborto impedisce a donne e ragazze di accedere ai servizi di salute riproduttiva ed esaspera disuguaglianze e discriminazione”, afferma Ximena Casas, ricercatrice per i diritti delle donne a HRW. “L’Ecuador deve rimuovere le leggi che penalizzano l’aborto. Come minimo deve garantire l’accesso legale alle pratiche abortive e smettere di condannare chi cerca cure mediche essenziali”.
Violenza e povertà. In Ecuador, secondo i dati diffusi dall'ONU, una donna su quattro ha subito abusi o aggressioni a sfondo sessuale e sei donne su dieci hanno subito violenza di genere. l fenomeno è in aumento anche nelle scuole, riporta HRW: il 41% dei casi di stupro è subito da ragazze e donne tra i 15 e i 24 anni. Per quanto riguarda le accuse di aborto volontario, dai dati esaminati emerge che nell’81% dei casi siano colpite donne, in maggioranza indigene o afrodiscendenti, praticamente tutte sotto la soglia di povertà. Un esempio fra tanti è quello di Maria: 20 anni, afro-ecuadoregna, era andata in ospedale dopo essere scivolata e caduta sulle scale a lavoro. In clinica ha scoperto di essere incinta e di aver subito un aborto spontaneo a causa del trauma. La ragazza è stata arrestata con l’accusa di aborto e ha trascorso 4 mesi in cella con il figlio di tre anni, in attesa del processo. Alla fine è stata dichiarata non colpevole.
La violenza si esplica in molte forme.Stigma sociale, maltrattamenti in sede sanitaria, violazione della confidenzialità e negazione di un processo giusto: la violenza si esplica in molte forme. Parte dello stigma deriva dalla violazione del diritto fondamentale ad una salute riproduttiva piena e accessibile e ad una mancanza cronica di informazione. In molti casi, p le donne sono costrette ad assumere medicine per indurre l’aborto, con pochissime informazioni sulle conseguenze per la loro salute. “Il governo deve garantire accesso alla salute riproduttiva”, afferma Casas. “I nuovi legislatori e il presidente Lasso hanno una grande opportunità, quella di porre fine a delle leggi crudeli e di adeguarsi ai Paesi di tutto il mondo che rispettano i diritti umani e la salute delle donne”.